Ieri, Domenica, le cose non sono andate male: molti fedeli, nonostante il tempo inclemente sono venuti in chiesa, fra questi anche un po’ di bambini, qualche adolescente e 5/6 giovani.
Pochi, è vero; però di questi tempi non ci possiamo lamentare.
Anche le varie celebrazioni si sono svolte con la consueta attenzione e devozione. Vi dirò che non mancato nemmeno qualche momento di intensa commozione quando ho citato, all’omelia, brevissima, i due campioni di santità che la giornata presentava: il vecchio papa Giovanni XXIII e il giovane Carlo Acutis.
Entrambi – mi ricollego al passo di vangelo della liturgia del giorno – hanno svolto con generosità il compito loro assegnato dal Signore. Sono stati “servi” attenti e premurosi nel provare a raccogliere e presentare alla “festa di nozze del Re” i fratelli e le sorelle che hanno incontrato nel corso della vita.
Adesso tocca a noi. Viviamo in un tempo strano: i nostri interlocutori, giovani e adulti, sono per lo più lontani dalla fede e quindi dalla pratica religiosa. Soprattutto i giovani fanno di tutto per sfuggirci e la tentazione di mollare – il discorso vale anche per noi sacerdoti – è drammaticamente presente.
Non ci lasciamo prendere da paura e non accampiamo scuse banali tipo: sono ormai anziano, i giovani sono tutti uguali ecc.
A proposito di scuse ieri una nonna mi ha fatto sorridere: mi ha spiegato che il nipote dal Lunedì al Venerdì (giorni di scuola…) avverte al mattino un “cerchio alla testa” che però al Sabato e alla Domenica improvvisamente scompare. Curioso, vero?