Il miglior arbitro italiano e del mondo ha unito al talento una preparazione meticolosa, senza lasciare niente al caso. La sua professionalità è stata un esempio nel panorama del calcio, tanto che oggi è al vertice della Commissione Arbitri della FIFA. È lo stesso dirigente a precisare che la competenza e l’approfondimento continuo sono essenziali per destreggiarsi al meglio in qualunque situazione della vita, in modo da essere padroni di se stessi, senza lasciarsi cogliere alla sprovvista dagli eventi.
di SILVIA CECCHI
Un’ottima opportunità di formazione: è questo che costituisce prima di tutto il mondo dello sport. “Un giovane non deve concentrarsi sulla speranza di diventare un fenomeno, ma deve fare propri i valori del gruppo. Si lavora sempre in un contesto di squadra. Lo stesso vale per l’arbitro. La maggioranza dei direttori di gara non arriverà ai livelli più alti, ma la persona imparerà a decidere. La vita è fatta di decisioni. Diventare capaci di gestire le situazioni, anche in contesti diversi, spesso in mezzo a persone più grandi di noi, questo servirà moltissimo nella vita. Poi, diventare dei professionisti di prim’ordine sarà un dono”. Così Pierluigi Collina, massimo rappresentante della categoria arbitri, prima, e dirigenti, oggi. Lo abbiamo incontrato durante il suo periodo di ferie in estate. Il presidente della Commissione Arbitri della FIFA, infatti, è continuamente impegnato per il mondo per valutare e scegliere i direttori di gara delle competizioni di calcio, maschili e femminili, a livello appunto internazionale.
La strategia di un dirigente è molto diversa dalla visione di un arbitro: “L’arbitro pensa al presente – spiega Collina –. Ambisce sempre a dirigere la partita più difficile, a dimostrare che è il più bravo, il più affidabile. Tutti vorrebbero essere chiamati a regolarel’incontro più importante, a prescindere dai rischi che questopossa comportare. È un ambiente competitivo. Il dirigente, invece, deve sempre pensare al domani o all’oggi in funzione del domani. Quindi occorre una prospettiva attenta nell’affidamento degli incarichi. Va tenuto ben presente inoltre che non è bravo solo chi ha lo stesso metodo che avevamo noi. Se usiamo noi stessi come parametro di riferimento, ci precludiamo molte opportunità. Ci può essere qualità nella diversità”.
Meticoloso, professionale, estremamente preparato: queste caratteristiche sono da sempre il tratto distintivo di Pierluigi Collina, che in qualunque attività svolga si muove senza lasciare niente al caso. Non per nulla è chiamato in Italia e all’estero a tenere conferenze per il personale di importanti aziende su “Decision-making” e “Leaderschip”. “C’è molta attenzione a questo tipo di attività formativa in particolare all’estero – spiega –. Avere ogni informazioneutile per poter decidere, non lasciarsi mai sorprendere, essere preparati rende in tutto. È fondamentale essere sempre un passo avanti. Dire ‘non me lo aspettavo’ non è una giustificazione utile”. Questa impostazione lo ha contraddistinto anche quando svolgeva l’attività di arbitro. È stato il primo a tenere in estrema considerazione la preparazione tattica delle squadre che si preparava a dirigere. Conosceva tutti i giocatori, le loro caratteristiche e il tipo di gioco che caratterizzava i vari team, facendosi trovare pronto rispetto a ciò che sarebbe potuto accadere in campo. “Oggi la tecnologia è di grande aiuto, ma allora occorreva molto tempo per approfondire le tattiche”, racconta. “Registravo con le videocassette le partite e passavo ore a rivederle e a studiare le varie strategie messe in atto dalle squadre. Se ci si aspetta cosa succederà, si è avvantaggiati”.
Gli chiediamo come si sia trovato ad affrontare gare importanti, cariche di aspettative: “Bene. Se si è pronti, non si può o non si deve avere problemi”. La selezione nel mondo degli arbitri avviene nel corso del tempo ed è basata sui risultati che questi forniscono. La preparazione atletica naturalmente è fondamentale. “Ci sono delle domeniche in cui non tutto va per il meglio e altre che vanno benissimo. Non bisogna esaltarsi troppo né abbattersi eccessivamente. La giornata negativa deve costituire uno stimolo per fare di più”, commenta Collina. “Il compito dell’arbitro è quello di produrre sempre il risultato migliore possibile. È sua responsabilità riuscire a far sì che le decisioni vengano accettate e il renderle accettate è frutto, prima di tutto, della stima che hanno le persone nei suoi confronti. La fiducia nell’operato del direttore di gara matura col tempo e si basa sulla sua professionalità, che accresce con l’esperienza. Proprio in virtù della stima acquisita può essere concesso anche un eventuale errore”.
Pierluigi Collina è originario di Bologna. La passione per il calcio risale a quando era bambino e giocava con gli amici in una squadra parrocchiale. Di quel periodo ricorda il piacere di poter usufruire di uno spazio dove fare sport con tanti compagni, quando in città era difficile trovare ambienti per giocare liberamente. A diciassette anni un compagno di banco del liceo gli propose di partecipare a una selezione per un corso da arbitri. Da quel momento ha iniziato a calcare i primi campi col fischietto, senza avere la minima idea che quell’attività avrebbe costituito una parte così importante nella sua vita. “Per me era un divertimento. Ricordo che ai miei amici pareva strano vedermi andare via i fine settimana ad arbitrare partire improbabili in località sperdute. Col tempo i dirigenti sono stati bravi a motivarmi – riconoscevano in me un talento particolare – e io mi sono appassionato. Rammento diversi di loro con affetto”.
Nel frattempo portava avanti gli studi, dando prova di essere molto preparato anche in quello. Si è laureato col massimo dei voti in economia e commercio. Parallelamente all’attività di arbitro, i primi anni ha lavorato nel settore marketing di un grosso gruppo editoriale e dal ‘91 al 2002 ha esercitato la professione di promotore finanziario. “Come libero professionista avevo la possibilità di organizzarmi e gestire il mio tempo portando avanti appunto i miei impegni da direttore di gara”. Col passare degli anni la sua professione assoluta è diventata il calcio.
Collina è stato arbitro effettivo dal 1977 al 2005. La sua professionalità gli ha valso continui riconoscimenti e promozioni, portandolo a bruciare le tappe: a soli 31 anni ha esordito in serie A. Ha raggiunto il culmine della carriera dirigendo la finale dei mondiali del 2002 (Germania-Brasile). Fra le competizioni più importanti, ricordiamo la finale del torneo olimpico del ‘96 (Nigeria-Argentina) e la finale di Champions League del ‘99 (Bayern Monaco-Manchester United). È stato per molti anni il miglior arbitro italiano e il migliore del mondo.
In seguito alle sue dimissioni, presentate nel 2005, ha intrapreso la carriera da dirigente. Dal 2007 al 2010 è stato designatore degli arbitri delle competizioni italiane di serie A e B. Dal 2010 al 2018 designatore degli arbitri europei. La nomina in FIFA risale a gennaio 2017. Per un anno e mezzo ha portato avanti questi ultimi due incarichi, poi ha scelto di dedicarsi completamente alla presidenza della commissione arbitri internazionale. “Poter essere padrone del mio futuro, decidendo in prima persona fino a quando esercitare un’attività per me è fondamentale”, commenta il dirigente. “Sono stato sempre io a scegliere di lasciare un incarico, con contratto ancora in essere, per assumere un altro impegno. Ritengo che questa indipendenza, come arbitro e come dirigente, sia testimonianza della qualità del lavoro svolto nel tempo”.
Dall’inizio degli anni Novanta Collina ha vissuto in Versilia, dove ha conosciuto la moglie Gianna, prima a Viareggio e dal 2014 a Forte dei Marmi. Il lavoro lo porta spesso lontano, ma quando è a casa si dedica completamente alla famiglia. I coniugi sono nonni di Charlotte, che ha sei anni, e un punto di riferimento per le figlie Francesca Romana e Carolina. In famiglia c’è stato un problema di salute legato alla celiachia, in passato non così diffusa e facilmente individuabile come oggi. Per questo il dirigente ha messo a disposizione dell’Associazione Italiana Celiachia la propria notorietà per campagne di sensibilizzazione verso questa forma di intolleranza. Oltre a questo si è reso disponibile per iniziative di solidarietà in favore di enti e organizzazioni, quali la Croce Rossa Internazionale e Save the Children.
Lui stesso, a soli ventiquattro anni, è stato colpito da alopecia ed è riuscito a reagire alla malattia, divenendo un esempio positivo per coloro che hanno lo stesso problema. “Nell’‘84 mi sono trovato privo di ogni forma pilifera – racconta –. A quel tempo radersi non era così di moda. Sono molto solidale con chi ha il mio stesso problema e sono determinato a spiegare a un ragazzino, e ancor più alle bambine, che mettersi il cappellino in testa per difendersi dagli occhi degli altri non è il modo giusto di reagire. C’è una cattiveria naturale nei bambini nel sottolineare le differenze. Mi rendo conto che è difficile, ma occorre diventare forti e consapevoli che anche senza capelli si può avere successo ed essere felci. Per questo, al di fuori di tutto ciò che costituisce il mio lavoro e le attività ad esso collegate, mi sono reso disponibile verso determinate campagne di solidarietà, perché ritengo che chi ha la fortuna di essere riconoscibile debba mettere a servizio di altri questa opportunità”.
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Articolo realizzato per “I Quaderni della Propositura”, rivista della parrocchia S.Ermete di Forte dei Marmi