È l’appello che da tutto il mondo sale fino all’ultimo piano dell’ospedale Gemelli dove è ricoverato Papa Francesco.
Immagino che i medici siano impegnatissimi nel verificare momento per momento le sue condizioni. Si tratta di medici bravissimi ma le incognite sono molte e la situazione estremamente variabile a causa dell’età.
Sono stato anch’io al Gemelli in uno dei primi anni di sacerdozio. All’epoca ero oltre che insegnante e viceparroco a Pontedera anche assistente del Movimento Diocesano Lavoratori a contatto quasi quotidiano con dipendenti, imprenditori, sindacalisti ecc.
Ero stato scelto per questo servizio dall’arcivescovo dell’epoca imbeccato da S.E.Mons. Antonio Bianchin che era assistente generale, a Roma, per l’azione Cattolica.
Don Antonio era il sacerdote che più di tutti si era speso per incoraggiare e sostenere la mia vocazione. Gli dovevo molto, davvero!
Così quando venni a sapere che era stato colpito da un gravissimo ictus ed era ricoverato al Gemelli decisi di andare a Roma per fargli visita. Feci tappa presso la sede centrale degli Assistenti di A.C. e poi salii a trovarlo.
Era in condizioni pietose! Con un filo di voce mi esortò a svolgere al meglio il mio servizio lasciandomi davvero basito per le sue gravi condizioni. Poi un medico, era una suora giovanissima, mi chiese di lasciarlo in pace e di farlo riposare.
Me ne tornai a casa avvilito. Ma don Antonio si riprese alla grande e tornò al suo ministero di Vescovo… per molti anni ancora!