Un’ultima nota “giocosa” in questo inizio d’anno che mi vede protagonista per il 70° d’età e il 25° di parrocchia.
Il parroco di Sant’Ermete, cioè il sottoscritto, è “monsignore” o semplice “don”?
A giudicare dai “finimenti” (come li definisce l’amico Roberto) indossati nell’occasione del corteo storico/religioso di mezza estate – mozzetta color mattone e cappuccetto, rocchetto a trina con sottofondo rosso, stola bianca e un paio di medaglie appuntate sopra – dovrei essere “monsignore” e invece si tratta di un abuso: è un innocente cedimento ai miei collaboratori che smaniano per vedermi così agghindato.
In realtà sono un semplice “don”…
E vi anticipo che non diventerò mai monsignore visti certi “paletti” fissati ultimamente da Papa Francesco.
Per di più, nella moda ecclesiastica corrente, si stanno imponendo usanze nuove che “smontano”, letteralmente, quelle della tradizione antica.
Se, un tempo, il Vescovo era chiamato “Eccellenza” oggi viene chiamato a nome, talvolta addirittura con il diminutivo…
Se il Cardinale giungeva sul sagrato della cattedrale in auto con tanto di autista, oggi lo si vede arrancare in bicicletta, con indosso con un giubbetto da operaio metalmeccanico.
Pare sia (almeno così asseriscono) una conquista dell’ultimo Concilio ma non ne ho piena contezza.
Però, in certe occasioni e in certi luoghi, conta ancora molto l’essere “monsignore” e non solo per i privilegi d’abbigliamento di cui sopra.
Quando sono stato ricevuto in Santa Marta per la celebrazione con il Papa, i miei compagni d’ordinazione, tutti monsignori (designati in tempi più favorevoli alle nomine), sono stati accolti dai gendarmi pontifici senza tanti problemi.
A me invece, essendo un semplice “don”, hanno chiesto i documenti personali di identificazione, il celebret (l’autorizzazione alla celebrazione, rilasciata dalla Curia, che sfortunatamente non avevo) e la carta d’invito.
Insomma, come si suol dire, sono rimasto al palo sotto gli occhi divertiti dei miei confratelli…
Ovviamente dopo la Messa mi sono subito vendicato.
Mentre i “monsignori” erano fermi alla piazzola del pullman, attorniati da un nugolo di questuanti, sono passato strombazzando davanti a loro con il BMW 3500 e l’autista di famiglia, salutandoli con deferenza, incurante dei loro epiteti ingiuriosi…
Chiudo augurandomi che continuerete a volermi bene anche se non sono e non sarò mai monsignore…