Per noi versiliesi è un obbligo morale salire in pellegrinaggio a Sant’Anna di Stazzema almeno una volta l’anno. In quella località, com’è noto, il 12 Agosto 1943, vennero trucidati, a opera delle truppe tedesche, tanti innocenti inclusi molti bambini. L’eccidio continua a essere ricordato ma non c’è più il livore dei primi anniversari. Oggi viene vissuto alla stregua della passione e morte di Gesù Cristo sulla croce cioè come un evento/sacrificio redentivo: come il sacrificio di Cristo ha determinato la possibilità di salvezza per gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo così il sacrificio di quei piccoli ha favorito (vedi ad esempio l’abbraccio di pace e perdono scambiato dai Presidenti di Italia e Germania nel 2013) e continua a favorire la pace, si può dire in ogni angolo del mondo, grazie a un progetto promosso dal 2015 dall’Amministrazione Comunale di Stazzema con il Sindaco Maurizio Verona e ideato e curato dall’Associazione Versiliese “COLORI PER LA PACE” presieduta dal nostro concittadino Antonio Giannelli.
Qui di seguito una sintetica presentazione dell’Associazione e l’intervista ad Antonio Giannelli e a sua madre Clarita Bazzichi.
COLORI PER LA PACE è un progetto nato per promuovere la pace attraverso l’interscambio culturale tra le giovani generazioni. L’Associazione omonima ha individuato nei disegni dei bambini l’espressione più genuina per lanciare un grido di speranza in tutto il mondo.
Sono stati raccolti in poco più di tre anni oltre 18.000 disegni da Scuole Primarie e dell’Infanzia di 111 Nazioni in rappresentanza di tutti i continenti.
Gli elaborati raccolti sono esposti nel Museo della Memoria a Sant’Anna di Stazzema e in mostre itineranti in Italia e all’estero.
Caro Antonio, sono proprio curioso di sapere come ti è venuta questa idea.
Ho sentito parlare di Sant’Anna fin da bambino. Mia madre all’età di dieci anni era sfollata a La Culla il paese confinante ed è stata testimone diretta della vicenda avendo visto alcuni i soldati tedeschi scendere dal paese ormai in fiamme; per di più era vicina di casa di don Giuseppe Vangelisti, il primo a fare la macabra scoperta dell’eccidio.
Ti spiace se mi faccio spiegare direttamente da lei come andarono le cose quel giorno?
Assolutamente.
Dunque, Clarita, cosa ricorda di quella tragica giornata.
Avevo dieci anni ed ero sfollata a La Culla con la famiglia. Il giorno della strage, il dodici di Agosto, un gruppo di tedeschi passò da La Culla scendendo da Sant’Anna. Era un gruppo poco numeroso. Io ero alla fontana sopra il paese a prendere l’acqua per casa col secchio. Era mattina ma non ricordo precisamente l’ora… ero troppo piccola. A un certo punto comparve un uomo, aveva la lingua di fuori, cominciò a gridare: “ci sono i tedeschi, ci sono i tedeschi” e saltando a piè pari un cumulo di sassi di fianco a un edificio in costruzione si tirò giù nella selva. Intanto udii una prima mitragliata. La signora Annina, una signora tanto cara, amica di famiglia, mi trascinò in casa sua ma io volevo tornare dalla mamma perché pensavo che fosse in pensiero. Uscii di corsa e quando fui quasi arrivata udii ancora una raffica di mitraglia, vicinissima. Spaventata corsi in casa. I soldati erano seduti sul muretto e guardavano a valle verso Valdicastello. La mamma si raccomandava di restare in silenzio senza affacciarsi per nessun motivo. Poi si allontanarono e noi uscimmo, spaventati. L’eccidio c’era già stato ma noi non lo potevamo sapere. Vedevamo sì il fumo ma pensavamo che avessero incendiato le abitazioni come era già successo a Farnocchia. Invece giunse in paese un signore anche lui trafelato che urlava disperato: “hanno ammazzato tutti, correte”. Don Giuseppe si fece coraggio e si precipitò a vedere. Lo aspettava uno spettacolo atroce. Tornò avvilito. Aveva raccolto dai poveri corpi medagliette e catenine per strapparle a eventuali sciacalli ma anche per aiutare i superstiti nel pietoso compito del riconoscimento. L’Annina riconobbe lo spillo di filagrana della sua povera figliola e si mise a piangere…
Davvero terribile. Ma continuiamo il discorso.
Nel dicembre dell’anno Duemila era stato istituito nel Comune di Stazzema il Parco della Pace con due precise prerogative: il ricordo delle vittime e una propedeutica alla pace per le giovani generazioni. Da un colloquio con il Sindaco Verona emerse il desiderio di fare qualcosa, di imbastire un progetto concreto in modo che quello della propedeutica alla pace non restasse soltanto un pio desiderio.
Ho avuto l’idea di dare vita a una associazione allo scopo nel novembre del 2014 e l’ho concretizzata nel marzo del 2015 con la costituzione della stessa con tanto di atto notarile. Ho pensato di fare riferimento alle giovanissime generazioni perché i bambini hanno l’animo puro e ho pensato ai disegni perché non hanno bisogno d’essere tradotti: vengono capiti immediatamente dai piccoli e dai grandi.
Mi immagino che questo lavoro ti impegni molto.
Sì, moltissimo. E da più punti di vista. Riconosco però che mi ha dato e mi sta dando molto di più se non altro in termini di crescita morale. Quanto sto facendo, oltre che gratificarmi moltissimo, mi ha portato a una maturità che prima non possedevo. Lo stesso vale per i miei collaboratori. Tengo a precisare però che non è proprio un lavoro perché è tutto volontariato.
Ne vedi l’utilità? Hai qualche riscontro positivo?
Purtroppo le guerre continuano a esserci e questa potrebbe già essere una risposta. Negativa, purtroppo. Però è anche vero che con queste mostre riusciamo a toccare le coscienze. La sig.ra Federica Mogherini, già Alto Rappresentante dell’U.E. per le questioni internazionali, ad esempio, in una occasione ne ha parlato come un progetto di soft diplomacy perché, sebbene in modo molto delicato, tocca le coscienze anche di coloro che decidono le sorti della terra. I disegni dei bambini infatti sono stati esposti come messaggio di pace in contesti internazionali importanti quali le Olimpiadi a Rio de Janeiro, il G7 in Italia, l’EXPO di Milano, nella sede del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) a Bruxelles e in molti altri luoghi e in svariate occasioni, quindi hanno potuto essere osservarti da persone che effettivamente possono prendere decisioni importanti. Può essere la classica goccia nell’oceano ma ha un suo significato e una sua importanza.
Ancora una domanda. Il progetto è aconfessionale nel senso che si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà al di là delle proprie convinzioni religiose. Siete in buoni rapporti con le autorità religiose?
Abbiamo un ottimo rapporto con tutti in particolare con le organizzazioni cattoliche. Il PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) ad esempio ci fornisce disegni dai tredici paesi nei quali hanno missioni. È grazie a loro che abbiamo avuto alcuni elaborati veramente toccanti. Mi piace ricordarne uno in particolare che mi ha commosso.
È stato realizzato da un bambino di un villaggio posto al confine fra il Camerun e il Ciad. In quella zona è attivo purtroppo un gruppo armato denominato Boko Aram che compie vere e proprie azioni di guerra contro i civili. Nel disegno si vedono aggressioni con uomini armati ed elicotteri che volteggiano: in una capanna, accovacciato, un personaggio prega, sgranando il Rosario!
In molti casi riusciamo, sempre grazie all’organizzazione predetta, a realizzare qualche piccolo progetto per questi ragazzi che hanno conosciuto solo la guerra: nel villaggio di cui sopra, ad esempio, abbiamo messo su un parco giochi per questi bambini che non sapevano nemmeno cosa volesse dire giocare!
Grazie e auguri. Può darsi che ci scappi anche il Nobel…
Chissà! Intanto vi aspettiamo tutti a Sant’Anna.