Catechesi per i nubendi 4

Ieri ho presentato e commentato un passo del Libro di Tobia. Oggi voglio fare lo stesso con una pagina del Cantico dei Cantici. Devo fare però una premessa perché il Cantico, per una presentazione un po’ ai limiti fatta dal noto attore R.BENIGNI durante l’ultima edizione del Festival di San Remo, è conosciuto in modo “romanzato”.

È vero che l’ebraico antico non ha la ricchezza terminologica delle nostre lingue occidentali (a cominciare dal greco e dal latino) ma trasformare il significato oggettivo delle parole non è corretto. Com’è possibile che “gote rosse” possa essere tradotto con “natiche sode” oppure “porta di casa” con “vagina”? È evidente che l’attore ha reso volutamente pruriginoso il testo per motivi di audience!

È vero che il testo presenta l’amore fisico, erotico, tipico della fase giovanile, dal “desiderio” al “possesso carnale”. La Bibbia non stende veli puritani sull’amore dell’uomo e della donna anzi lo riconosce e lo esalta.

Ma presenta pure gli altri aspetti dell’amore, stavolta propri dell’età adulta/matura senza i quali l’eros perde significato. Non siamo animali. Siamo sì sollecitati dall’istinto sessuale ma conosciamo pure la fraternità, la simpatia, la relazione emotiva e tutto ciò che va sotto il nome di assistenza morale che rende l’amore ricco e bello in ogni fase della vita.

Al riguardo un episodio che a suo tempo, i primi anni che ero al Forte, mi fece commuovere. Ero andato a far visita a un anziano degente in ospedale. Allora non c’erano tre cappellani fissi in ospedale e quindi noi parroci andavamo più spesso a far visita agli ammalati senza timore di creare disagio ai cappellani. Mi trovai dunque davanti a una scena indimenticabile. Lui che, ormai morente, con l’indice toccò le proprie labbra per poi sfiorare le labbra della moglie che lo assisteva amorosamente.

Veniamo adesso alla pagina che mi interessa presentare e che giustamente viene proposta durante la celebrazione del matrimonio.

LUI: “Alzati, amica mia, mia bella e vieni, mostrami il viso e fammi sentire la tua voce perché la tua voce è soave e il tuo viso è leggiadro… Tu mi hai rapito il cuore, con un solo tuo sguardo…”

LEI: Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio. Perché forte come la morte è l’amore, le sue vampe sono vampe di fuoco. Io appartengo al mio amato e lui appartiene a me…”

Catechesi per i nubendi 5

Cari giovani vi ho presentato due interessanti letture dell’antico testamento. Oggi vi presento una pagina di San Paolo che potrebbe benissimo essere presentata come seconda lettura nella vostra Messa di matrimonio. Ve la presento subito insieme a un commento che spero vi aiuterà a riflettere.

Dalla prima lettera di San Paolo ai cristiani di Corinto

Fratelli, la carità è paziente e benigna; non è invidiosa, non si vanta, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

È possibile volersi bene, amarsi profondamente per tutta la vita, inclusi gli anni dell’anzianità e della malattia?  Certamente se uno vive queste brevi indicazioni di san Paolo riuscirà senz’altro ad avere una ottima vita matrimoniale sia da giovane che da anziano.

Leggo sul giornale proprio oggi un’intervista rilasciata dal prof. Pietro Ichino, il noto giuslavorista, amico di Forte dei Marmi che frequenta da sempre. Non lo conosco se non di fama ma questa sua testimonianza mi ha commosso.

Sua moglie Costanza negli ultimi anni della sua vita aveva contratto una malattia invalidante che le aveva distrutto il fisico ma non la mente.

Dice dunque il professore che proprio questi ultimi anni sono stati i più ricchi d’amore. “Mi ero impegnato a essere per Costanza le gambe che aveva perduto, gli occhi che non funzionavano più e anche le braccia e le mani. Questo ha creato tra me e lei dopo 45 anni di matrimonio pur molto ricchi e intensi un’intimità che non avevamo mai vissuto” (…) “Davanti a una malattia come questa potrebbe apparire quasi un insulto alla sofferenza sostenere che può esserci dentro del bene. Invece a me è accaduto di trovare anche qui quel bene nascosto. (…) Ogni volta che Costanza mi chiedeva di spostarsi dal letto alla carrozzella era un abbraccio stretto e qualche volta ci fermavamo a metà strada abbracciati così, indugiando a dondolarci come in un ballo cheek to cheek (guancia a guancia). (…) Ma l’intimità maggiore era quella delle sveglie notturne per una delle tante necessità. Accadeva che non ci riaddormentassimo ma restassimo a lungo abbracciati parlando sottovoce di ciò che ci stava più a cuore”.

Catechesi per i nubendi 6

Cari giovani, dopo avervi proposto due letture dell’antico testamento e una di San Paolo passo oggi a presentarvi il brano del Vangelo. Se per le prime letture bibliche lascio sempre agli sposi ampia possibilità di scelta, per quanto riguarda il Vangelo invece decido io e scelgo sempre il passo delle Beatitudini, un passo decisamente straordinario pur nella sua semplicità.

Purtroppo non è molto conosciuto. Infatti al catechismo per i piccoli insistiamo molto sui Comandamenti ma assai poco o addirittura niente sulle Beatitudini che invece sono la carta fondante della nostra religione dal punto di vista etico.

Adesso le sintetizzo e poi vado a spiegarne una, la prima, lasciando poi alla vostra buona volontà ( o alla vostra curiosità ) approfondire le altre.

Dal Vangelo di San Matteo: Beati i poveri perché di essi è il Regno di Dio, beati quelli che piangono perché verranno consolati, beati i miti perché possederanno la terra, beati gli affamati di giustizia perché saranno saziati, beati i misericordiosi perché troveranno misericordia, beati i puri di cuore perché vedranno Dio, beati quelli che cercano la pace perché saranno chiamati figli di Dio, beati coloro che per la testimonianza resa al Signore saranno perseguitati perché di essi è il Regno di Dio”

Spiego soltanto la prima. Tutti prima o poi riceviamo un vero e proprio lavaggio del cervello. Se da ragazzi eravamo semplici, ci accontentavamo di poco e niente per vivere felici, non facevamo distinzioni fra chi era ricco e chi era povero… divenuti adulti ci trasformiamo: pensiamo sempre e solo ai soldi, disprezziamo chi è povero, non riusciamo ad accontentarci mai e così finisce che la nostra vita si trasforma in un inferno.

Gretti e meschini con i poveri anche quando sono nostri parenti o conoscenti;  invidiosi nei confronti dei ricchi facciamo pesare ai nostri familiari la nostra modesta condizione, rinunciamo perfino alla nostra dignità pur di apparire… quello che non siamo!

Le beatitudini, se vissute, funzionano da detergente: lavano via tutto quello sporco che ci rende infelici e ci restituiscono la gioia di vivere. E questo vale anche per la famiglia. Meglio avere poco e vivere felici piuttosto che avere molto e vivere inquieti.

Adesso se avete voglia e tempo provate a riflettere in coppia sulle altre sette beatitudini.