Sono in ritardo fortissimo ma non sono riuscito a trovare nemmeno un piccolo spazio di tempo questa mattina fra il funerale, la ricerca disperata di un posto all’hospice per un ammalato, il catechismo al mare (nonostante il libeccio) e le confessioni … numerosissime!
Scrivo adesso qualcosa ma sarò brevissimo perché il campanello di chiesa ha già suonato due volte per due fedeli che vogliono lucrare l’indulgenza a favore dei propri defunti.
Ecco, riguardo all’indulgenza non scrivo perché ho già esposto un bel cartello in chiesa con tutti i dettagli.
Scrivo piuttosto riguardo al pane dei poveri, una tradizione antica che mi piace mantenere perché attualissima.
Per imparare ad aiutare i poveri bisognerebbe, anche per pochissimo tempo, fare l’esperienza della povertà! Un amico mi diceva che ha scoperto la realtà degli affamati una sera tardi in cui, affamatissimo, ha aperto il frigorifero e non ha trovato se non dell’acqua e una melanzana…
Se ne è dovuto andare a letto affamato e siccome non riusciva a trovare sonno gli è venuto da pensare a coloro che tutti i santi giorni non trovano niente nel frigorifero anche perché non lo possiedono.
L’iniziativa francescana del pane dei poveri ci insegna a essere poveri.
Per una sera dovremmo cenare come ai tempi di San Francesco: pane e acqua o al massimo pane leggermente inumidito con l’aceto e olio e qualche pomodoro senza aggiungere altro!
Proviamo a farlo. Per una sera non moriremo certo di fame!