di mons. PIERO MALVALDI – tratto da “I Quaderni della Propositura” numero di Agosto 2022
Nel caso vi capitasse di avere un po’ di tempo a disposizione – visto che siete in vacanza – fermatevi a visitare il convento di San Francesco a Pietrasanta, in particolare il chiostro con gli affreschi di Luigi Ademollo relativi alla vita del santo di Assisi.
Mi permetto di segnalarvelo perché sia il convento che l’artista vantano una storia di tutto rispetto pur essendo poco conosciuti. La chiesa non è intitolata a San Francesco bensì al SS.mo Salvatore ma c’è un motivo come vi spiegherò a breve.
I francescani erano giunti a Pietrasanta intorno al 1400 e si erano fermati al romitorio della Stregaia, a mezza collina. Successivamente erano scesi al piano per realizzare un piccolo convento che verrà poi ampliato nei secoli successivi. Ai primi del 1800 il convento aveva le dimensioni attuali e iniziò il lavoro di abbellimento affidato al pittore Luigi Ademollo. La chiesa, come scrivevo poco sopra, è intitolata al SS.mo Salvatore perché nel 1847 quella parrocchiale “omonima” che sorgeva fra il convento e l’Ospedale cittadino venne inglobata nell’ospedale – l’unica navata divenne una corsia (!) – e così la titolazione fu trasferita nella chiesa conventuale che divenne parrocchiale con l’obbligo della cura d’anime.
Fino alla data del mio ingresso a parroco di Forte dei Marmi non conoscevo né la chiesa né il convento. Conoscevo soltanto, per chiara fama, Padre Aquilino (Adolfo Giannelli nato a Terrinca il 6.10.1906 e morto a Fiesole l’ 11.8.1994) che era una delle istituzioni del convento di Pietrasanta.
Era conosciutissimo anche nel Piano di Pisa dove allora ero parroco per le benedizioni che impartiva ai devoti e per le corone del Rosario che era solito regalare ai suoi penitenti. Se ne partivano a frotte per incontrarlo e tornavano poi visibilmente rincuorati con la loro coroncina di noccioli di ciliegia o di pesca in tasca. Mi dicevano che il frate non praticava esorcismi ma, più semplicemente, scavava nelle coscienze alla ricerca di qualche sofferenza nascosta per poi affidare alla Madonna i presenti insieme con i loro famigliari, amici e collaboratori. La preghiera di affidamento alla Madonna era recitata in lingua latina e forse per questo motivo, non essendo ben compresa, poteva essere scambiata per un esorcismo.
A questo punto vi chiederete il motivo per cui conosco tutte queste cose… Le conosco perché il suo famoso (e consunto) librino di benedizioni, foderato in carta gialla, è finito nelle mie mani al momento della sua morte, dono di Agostino Bucchi, uno dei suoi più affezionati figli spirituali: era un semplice libretto di “devozioni” in lingua latina – Padre Aquilino era uno strenuo cultore del latino liturgico – come ce ne erano moltissimi in giro negli anni precedenti il Concilio.
Penso proprio che con le sue benedizioni e le sue corone abbia fatto tanto bene. Giustamente nel “santino” del trigesimo i suoi confratelli scrissero: “Padre Aquilino: una vecchia e robusta quercia alla cui ombra molti hanno trovato conforto”. Non ci dimentichiamo di questa anima santa!