TOMAS TYN O.P.

di MONS. PIERO MALVALDI – articolo tratto da “I Quaderni della Propositura”, numero di Dicembre 2022. 

Dott. Prof. Padre TOMAS TYN O.P.

Nell’editoriale ho già spiegato quando e perché ho conosciuto il carissimo Padre Tomas. Aggiungo solo, presentando adesso il personaggio, che avendo avuto notizia della possibile “proclamazione dell’eroicità delle sue virtù” (è una formula canonica che avvia il processo di canonizzazione) mi sono ancor più persuaso d’aver conosciuto un… santo! Presento qui di seguito alcuni dati biografici e un testo tratto da un’omelia sul Natale.

BIOGRAFIA

Era nato a Brno, in Cecoslovacchia, il 3 Maggio 1950 da Zdnek e Ludmila, coniugi cattolici praticanti e per questo ostacolati nella loro professione di medici. Aveva ricevuto fin dall’infanzia una solida educazione cristiana grazie ai genitori e a un sacerdote molto devoto che lo aveva preparato alla prima Comunione e alla Cresima.

Frequentati i corsi elementari e medi a Brno si trasferì, grazie a una borsa di studio, in Francia, a Digione, dove conseguì il titolo attestante i suoi studi superiori.

A 19 anni entrò nel convento domenicano di Warburg, in Germania, dove iniziò il corso di studi filosofici e teologici per accedere al sacerdozio. Successivamente chiese e ottenne il trasferimento a Bologna, al convento di San Domenico, dove completò gli studi discutendo la tesi di Licenza in Teologia. Venne ordinato sacerdote a Roma il 29 Giugno 1975 e sempre a Roma, nel 1978, concluse gli studi accademici con il Dottorato di ricerca presso l’Università San Tommaso.

Tornò quindi al convento di San Domenico a Bologna dove iniziò a insegnare Filosofia e Teologia presso lo Studio Teologico Accademico di quella città, offrendo al contempo piena disponibilità alla vita della comunità domenicana e al servizio pastorale in una parrocchia cittadina.

Sia nell’insegnamento che nella cura pastorale era estremamente disponibile alle esigenze di alunni e fedeli mettendo gli uni e gli altri a proprio agio nella conversazione. Come insegnante e come pastore di anime aveva a cuore la chiarezza e la fedeltà alla dottrina Teologica evitando ambiguità. Aveva una profonda devozione eucaristica e mariana che traspariva delle sue Omelie. Proprio per questo era molto ricercato come confessore e direttore spirituale.

La malattia che poi lo avrebbe portato alla morte si manifestò subdolamente alla fine del 1989 e gli lasciò poche settimane di vita che trascorse in famiglia, in Germania, non prima di aver ricevuto il sacramento dell’Unzione dalle mani di padre Patrizio Pilastro, Superiore della comunità. Lo stesso superiore attestò la volontà del padre di offrire la sua malattia e la sua sofferenza per la Cecoslovacchia perché tornasse a Dio.

Si addormentò nel Signore il primo Gennaio 1990.

DA UN’OMELIA DI NATALE

“Cari fratelli, bisogna pensare alla verità delle cose, non illuderci nelle tenebre che non hanno accolto la luce, quelle tenebre diventano sempre più fitte, sempre più spesse.

La notte, la notte fredda, glaciale attorno a quella grotta, diventa sempre più fredda e più glaciale: il mondo diventa cinico, il mondo diventa morto, privo dell’anima. Noi cristiani dobbiamo forse nasconderci queste cose? No. No, perché noi abbiamo la vita, noi abbiamo la luce, noi abbiamo la gioia, abbiamo la gioia quella gioia che nessuno potrà mai prenderci.

Vedete miei cari, questo è il nostro obbligo, l’obbligo della carità: tenere accesa la fiaccola della fede. Il mondo, cari fratelli, che orrore, il mondo non sa più celebrare il Santo Natale. Tutti sentiamo un certo disagio. Talvolta si sente dire: è divenuto un Natale consumistico. Non vi voglio parlare di questo; è una cosa piuttosto superficiale, perché non è peccato, anzi bisogna festeggiare il Natale, come no!

Mangiare bene a Natale è un dovere, S. Tommaso lo dice chiaramente: come peccherebbe un uomo che non digiuna in Quaresima, cioè che mangia e banchetta in Quaresima, così peccherebbe un uomo che digiunasse nelle grandi solennità della Chiesa. Se oggi uno digiunasse, farebbe male, quindi la colpa non sta in questo. Dove sarebbe?

Il fatto è che tutte queste tradizioni, tutti questi riti, così commoventi, così belli, così profondi, che tutto questo è privo dell’anima della fede e se non c’è fede, non c’è vita, perché non c’è il Verbo della vita.

Egli infatti non può essere accolto se non nella fede: solo quelli che credono nel suo nome, lo accolgono dentro di sé. Ecco dunque, cari fratelli, la nostra dignità, ecco la nostra responsabilità, ecco la nostra gioia.

Noi siamo credenti: dobbiamo esserlo con sicurezza, con convinzione, con gioia che esulta in Dio per mezzo del Cristo e che si fa propagatrice della fede su tutta la faccia della terra: “Andate e proclamate davanti a tutti i popoli che il Verbo si fece carne e che il Verbo venne ad abitare in mezzo a noi e che noi vedemmo la sua gloria, la gloria che riluce dal Padre, pieno di grazia e di verità” e così sia.