Amare il creato di cui facciamo parte dovrebbe essere lo spirito alla base di ogni azione umana. Disporre delle risorse della terra infatti è un’opportunità da sviluppare, non un’occasione da sfruttare.
I papi che hanno guidato la Chiesa negli ultimi decenni hanno richiamato con sempre più forza le responsabilità dell’uomo e pure chi non è credente sa di aver ricevuto da altri i beni di cui gode.Il tema è alla base anche dell’Expo di Milano, incentrata sulla necessità di garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli nel rispetto dell’ambiente e dei suoi equilibri.
In Versilia l’associazione “Amici della Terra” da anni si adopera per un futuro sostenibile, diffondendo non solo buone pratiche, ma soprattutto consapevolezza.
DI SILVIA CECCHI
“Essendo la ‘carità’ l’amore verso Dio e verso il prossimo, con il nostro impegno manifestiamo carità verso la tutela della natura perché opera di Dio e verso il prossimo per non consumargli le risorse che gli spettano”. In poche righe, scritte per mail come pura introduzione, Angela Giudiceandrea dell’associazione “Amici della Terra – Versilia” è riuscita a concentrare una serie di principi che animano l’impegno di una vita condiviso con il marito, Jacopo Simonetta, e con altre persone rispettose del creato.
Per i credenti l’uomo è responsabile del pianeta, in quanto chiamato a coltivarlo e custodirlo (Gn 2,15), ma lo stesso vale per coloro che non lo sono, perché ogni risorsa di cui disponiamo deriva da un dono lasciatoci da altri, che responsabilmente dovrà essere consegnato a chi verrà dopo di noi. Quello cui assistiamo però è ben diverso: l’impatto dell’uomo sulla terra ha determinato squilibri incredibili, con parte della popolazione mondiale che muore di fame e non dispone di beni essenziali e parte che si ammala per eccesso di alimentazione. Lo sfruttamento selvaggio delle risorse e l’inquinamento crescente sono collegati a interessi economici che dominano le dinamiche del mondo.
Bisogna essere sinceri, davanti a tutto questo prende lo sconforto, ci si sente impotenti e spesso si finisce per voltare lo sguardo dall’altra parte. Lo stesso Jacopo starà sempre dalla parte del creato, ma si dice sfiduciato: “Sono quarant’anni che si parla della necessità di adottare uno stile di vita sostenibile per il pianeta, ma niente è cambiato. Non credo che possiamo convincere nessuno. Io semplicemente esprimo le mie idee e se qualcuno le vuole le può utilizzare”. Angela invece ci crede ancora: “Ritengo che esista un margine su cui possiamo lavorare e in ogni caso, proprio perché è risicato, dobbiamo tenere viva la fiammella della speranza: così come se facciamo qualcosa di sbagliato danneggiamo la comunità, allo stesso modo se ci adoperiamo per qualcosa di buono questo andrà a vantaggio di tutti. Quindi tanto vale fare del bene”.
Entrambi hanno fatto dell’amore per l’ambiente una missione di vita personale e professionale. Simonetta è laureato in scienze naturali ed ha una lunga esperienza di collaborazione con enti pubblici per cui ha realizzato, quale libero professionista, progetti di restauro di ecosistemi naturali. Si dice deluso dal vedere che spesso tutto si arresta alla forma dello studio, senza venire applicato concretamente, ma questo non lo distoglie dal suo impegno. Giudiceandrea è agronoma ed è specializzata in partecipazione nei processi decisionali e di governo del territorio. Negli ultimi anni si è concentrata in attività di formazione e divulgazione, rivolte a studenti e adulti, e di realizzazione di progetti sulla partecipazione per enti pubblici e privati.
Come le associazioni ambientaliste in generale “Amici della Terra” ha a cuore il bene del pianeta, ma si caratterizza rispetto alle altre in particolare per l’attenzione verso l’ambiente urbano, quindi degli stili di vita nelle realtà abitate e delle loro conseguenze rispetto al sistema globale. L’organizzazione fa parte di “Amici della Terra Italia onlus”, riconosciuta dal ministero dell’ambiente, che nel nostro Paese rappresenta i “Friends of the Earth international”, una fra le reti ambientaliste più estese nel mondo. I gruppi locali concorrono all’attuazione degli indirizzi nazionali, attraverso iniziative specifiche indirizzate alle varie realtà in cui operano.
Garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli nel rispetto dell’ambiente e dei suoi equilibri sono temi al centro anche dell’Expo di Milano, che si pone come piattaforma per uno scambio di idee e di soluzioni innovative sul tema dell’alimentazione nella prospettiva di un futuro sostenibile. Il confronto che si sviluppa in occasione di grandi eventi però non può bastare se non viene colta l’urgenza a tutti i livelli di modificare gli stili di vita che in Occidente sono impostati sul consumo.
“La Expo è un’occasione propizia per globalizzare la solidarietà”, ha detto papa Francesco nel giorno dell’inaugurazione della rassegna, specificando che “dobbiamo ringraziare il Signore per la scelta di un tema così importante, così essenziale…purché non resti solo un ‘tema’, purché sia sempre accompagnato dalla coscienza dei ‘volti’: i volti di milioni di persone che oggi hanno fame, che oggi non mangeranno in modo degno di un essere umano”.
In “Cosa nutre la vita?” l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, in occasione dell’esposizione universale che si tiene nella sua diocesi propone una serie di riflessioni sul rapporto sacro che lega l’uomo al pianeta, ricordando più volte le esortazioni dei papi che hanno guidato la Chiesa negli ultimi decenni. “La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, – ha detto il santo padre Francesco fin dall’omelia della Messa d’inizio del suo ministero petrino – ma ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato […], l’aver cura di ogni persona con amore”.
Papa Bergoglio tante volte ha richiamato con forza la responsabilità dell’uomo, come ad esempio nel messaggio per la giornata mondiale dell’alimentazione nell’ottobre del 2013 e nell’Evangelii gaudium: “Abbiamo dato inizio alla cultura dello scarto, che addirittura viene promossa”. “Penso che un passo importante sia abbattere con decisione le barriere dell’individualismo, della chiusura in se stessi, della schiavitù del profitto a tutti i costi […] superando la logica dello sfruttamento selvaggio del creato”. Contro la globalizzazione dell’indifferenza ha più volte esortato a ripensare i nostri sistemi in una prospettiva solidale e a modificare concretamente il nostro modo di vivere.
“Ci sono tante cose di cui possiamo fare a meno, – commenta Jacopo – bisogna diventare consapevoli di qual è il livello reale a cui possiamo stare bene”.
I coniugi Simonetta ci accolgono nella loro casa, che conducono in coerenza con le loro idee. Abitano nel verde, lasciato in stile naturale, stanno attenti al modo in cui riscaldano le mura domestiche, consumano prodotti di genere equo e solidale. Angela non nasconde che è impegnativo portare avanti questo impegno giorno dopo giorno nel contesto generale in cuiviviamo: “Nella nostra società chi fa queste scelte rappresenta una minoranza. Essere minoranza porta a sentirsi diversi e questa diversità a volte pesa”.
Mentre parliamo ci fa compagnia una padrona di casa silenziosa, ma ‘salottiera’, ovvero Clarissa, coniglio di famiglia, che si trattiene sempre intorno ai nostri piedi.
L’associazione versiliese “promuove la sostenibilità ad ogni livello proteggendo l’ambiente, salvaguardando le diversità culturali, etniche e biologiche, favorendo la crescita della democrazia e della partecipazione dei cittadini”. Lo scopo dell’organizzazione, che ha sede a Forte dei Marmi, è racchiuso in queste poche righe, ma a noi occorre una lunga conversazione con Jacopo e Angela per entrare nel merito dei temi in questione, partendo da cosa si intende esattamente per sostenibilità, partecipazione e democrazia.
Marito e moglie si armano di pazienza, prendono fiato e cercano di spiegarci bene i principi in cui affondano le radici dell’associazione: “Sostenibilità significa vivere in armonia con tutto ciò che ci circonda. Vuol dire utilizzare le risorse in modo tale da non ridurle né per quantià né per qualità. Noi facciamo parte di un sistema e tutti dovremmo lavorare in funzione della cosa comune”. Oltre che religioso, è un principio etico: “Riceviamo il mondo in prestito e abbiamo il dovere di consegnarlo in prestito ai nostri figli”, spiegano.
Durante il nostro colloquio i coniugi citano più volte filosofi e studiosi che hanno approfondito in vari tempi temi sempre attuali. Edgar Morin è loro particolarmente caro e la coppia sottolinea il suo “Guida la natura, lasciandoti guidare” per mettere in evidenza che “possiamo usare la natura a nostro favore, ma non possiamo molestarla”.
Jacopo ci spiega che a livello locale l’associazione continua a tenere la barra dritta rispetto a un’analisi pubblicata nel ’72, effettuata da un gruppo di studio su commissione del Club di Roma, associazione composta da industriali, scienziati e vari professionisti, per prevedere le prospettive e le conseguenze per il pianeta sulla base dei ritmi e dei sistemi adottati dall’uomo. Il “Rapporto sui limiti dello sviluppo” arrivava alla conclusione che sarebbe stato probabile un declino della popolazione e della capacità industriale entro circa cento anni consecutivi, se il tasso di sviluppo demografico, dell’industrializzazione, dell’inquinamento e dello sfruttamento delle risorse fosse rimasto inalterato.
“A distanza di più di quarant’anni – commenta Jacopo Simonetta – possiamo constatare che le previsioni dello studio si stanno concretizzando. Non sono stati presi infatti provvedimenti adeguati per ridurre i consumi né per frenare la crescita economica e demografica, che hanno creato squilibri e che stanno portando inesorabilmente al raggiungimento del limite dello sviluppo. Come gli analisti avevano concluso, occorreva agire immediatamente perché si potesse invertire la rotta, giungendo a una condizione di stabilità economica ed ecologica sostenibile anche nel lontano futuro”.
In pratica i tassi di sviluppo dovevano essere progettati in modo che le necessità di ciascuna persona sulla terra potessero essere soddisfatte e che ciascuno avesse uguali opportunità di realizzare il proprio potenziale umano.
“Ridurre i consumi – dice Jacopo – non è una scelta: o cerchiamo di farlo o lo faremo perché diventeremo più poveri. Sta già avvenendo. Non c’è nessuna sorpresa, sono quarant’anni che se ne parla”.
Angela punta l’attenzione sulla necessità di riscoprire la sacralità delle risorse: “Attraverso la tutela dell’ambiente amiamo il creato e veniamo a conoscenza del creatore nella bellezza e nell’amore. In questo mondo consumistico abbiamo dato un prezzo a tutto ed abbiamo perso il significato di ‘valore’. Le risorse naturali, come ad esempio l’acqua, hanno un’importanza che è incalcolabile. Per questo nel nostro modo di mercanteggiare risultano valere zero. E su questo si costruiscono patrimoni milionari”.
Jacopo, che dice di essere credente anche se non “papista”, batte comunque sullo stesso tasto: “La nostra civiltà è stata forgiata dalla religione del progresso. Abbiamo cercato di far diventare dio l’uomo, riempiendoci di orgoglio e di superbia, e oggi veniamo travolti dalla decrescita economica così come dagli eventi naturali”.
Secondo gli ambientalisti occorre adottare uno stile di vita più sobrio, collaborare con il prossimo e ridurre gli sprechi attraverso buone pratiche. L’associazione versiliese, fondata nel ’97, svolge corsi nelle scuole di ogni ordine e grado per favorire una maggiore conoscenza del territorio e un uso consapevole delle risorse; si adopera per sviluppare il consumo equo e solidale e per prevenire situazioni di disagio; cura convegni e campagne divulgative in collaborazione con enti pubblici; collabora con l’università di Pisa, con il laboratorio di meteorologia Lamma dell’università di Firenze, con le istituzioni toscane.
“Il sistema in cui viviamo ci educa ad essere veloci e competitivi, invece agli studenti cerchiamo di insegnare, con giochi e attività di laboratorio, dei principi che sono fondamentali per la nostra umanità: la riscoperta dei valori, la solidarietà e la condivisione”, spiega Angela.
Per gli Amici della Terra favorire la ‘partecipazione’ significa rendere le persone consapevoli di ciò che accade in modo che considerino i problemi come propri, così che tante menti possano pensare alle soluzioni possibili e collaborare per un mondo migliore. Perché questo possa realizzarsi, però, occorre che chi oggi ha il controllo di tutto ceda parte del suo potere. Questo per l’associazione vuol dire promuovere la ‘democrazia’.
Marito e moglie abitano in Versilia dalla metà degli anni Novanta ed hanno avviato il gruppo locale dopo aver studiato alcune problematiche del territorio. L’organizzazione conta su un nucleo di persone che si dedicano con costanza e impegno nel settore e su una cinquantina di sostenitori. È iscritta all’albo delle associazioni per l’educazione ambientale della provincia di Lucca e negli anni ha promosso numerosi progetti, che hanno ottenuto riconoscimenti. Fra i programmi che porta avanti, ad esempio, c’è l’impegno per la conservazione e il restauro di habitat naturali come quelli del lago di Massaciuccoli, del lago di Porta, delle pinete, della macchia lucchese e delle Apuane, in collaborazione con le altre organizzazioni ambientaliste. Dal 2009 conduce per il comune di Forte dei Marmi una campagna di comunicazione, in linea con le finalità di “Amici della Terra”, dal titolo “Giornale murale”.
Nel periodico naturalmente si è parlato anche del terribile vento che il 5 marzo scorso ha devastato il territorio versiliese, con raffiche che hanno abbattuto moltissimi alberi e danneggiato gravemente abitazioni e stabilimenti, cambiando drasticamente il volto del paesaggio. “I cambiamenti climatici, come era stato più volte annunciato, ormai sono in atto – riporta il numero 411 del 2015 -. Il preoccupante è che non sono ancora in atto le azioni per contrastarli, restando in balia delle emergenze. […] È indispensabile voltare pagina ed attivarsi perché la riduzione delle emissioni di CO2 (anidride carbonica) diventi prioritaria sia a livello locale che globale, sia a livello personale che pubblico, per evitare di ritrovarci in strada a contemplare i danni”.
Secondo gli ambientalisti il problema fondamentale è che la nostra società pensa solo a curare i sintomi e non le cause. “Spesso il panico che prende dopo un evento porta a sprecare ulteriori risorse e fare ulteriori danni – spiega la coppia –. L’accettazione del pericolo fa parte dell’educazione ambientale. Possiamo infatti organizzare la nostra vita per ridurre i rischi, ma non possiamo eliminarli. L’ossessione per la sicurezza invece finisce per creare livelli di rischio crescenti”.
Ricollegandosi allo studio sui limiti dello sviluppo, Jacopo Simonetta aggiunge: “Se è vero con ogni probabilità, anche se non con assoluta certezza, che la civiltà industriale globale è destinata a finire nell’arco del XXI, questo non significa che l’umanità si estinguerà. Come il passato ci insegna, subentreranno nuove civiltà. Per questo riteniamo che sia importante cercare di lasciare loro più elementi possibili di boschi, di paludi, di giacimenti minerari, di conoscenze, di religioni, di idee. Su questo si costruiscono le civiltà”.
I cristiani però hanno delle responsabilità in più, come papa san Giovanni Paolo II spiegava nella lettera enciclica Centesimus Annus nel maggio del 1991: “L’uomo, che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo col proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio. Egli pensa di poter disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà, come se essa non avesse una propria forma ed una destinazione anteriore datale da Dio, che l’uomo può, sì, sviluppare, ma non deve tradire. Invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione, l’uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui”.
Marzo 2015