I principi vanno vissuti con coerenza

Articolo tratto da “I Quaderni della Propositura – n. agosto 2023.
di Silvia Cecchi

A colloquio col presidente della Fondazione Casa Cardinale Maffi, Franco Luigi Falorni

– “Il dito medio di Romina” descrive la sua esperienza come presidente della Casa Cardinale Maffi e comprende contributi di operatori della Fondazione, di tecnici del settore e autorità pubbliche. Qual è quindi lo scopo del volume?

Il libro rappresenta il programma della nostra “rivoluzione”. Le strutture della Maffi, se conosciute e vissute, possono essere davvero utili per la società. Il volume contiene tutte le parole chiave utili per comprendere la filosofia di lavoro alla base del nostro operato: sorelle e fratelli preziosi, bellezza, prossimità, relazione, formazione.

Le radici della Fondazione sono cristiane. E ancor più per questa ragione io sono disponibile a presentare il libro ovunque per far conoscere l’attività della Maffi e lo spirito che la anima. Essere cristiani significa essere aperti a tutti e andare incontro al prossimo.

– Le persone che usufruiscono dei servizi dell’istituzione vengono chiamate fratelli preziosi e sorelle preziose. Perché?

Nelle nostre strutture, a seconda dei casi, ci sono persone che stanno con noi da molti anni. Come si fanno a chiamare ospiti? Ospite è un termine amministrativo che non rispecchia l’identità e la storia delle singole persone.

Coloro che si trovano nella necessità di ricorrere ai nostri servizi hanno dei problemi di salute che potrebbero capitare a chiunque di noi. Se Romina, Tania, Daniele fossero nostro fratello o nostra sorella, cosa faremmo? Ci batteremmo per loro o no? Andremmo a trovarli costantemente o solo saltuariamente? Cercheremmo di sostenerli al massimo delle nostre possibilità o li lasceremmo al loro destino?

Per questo motivo noi li chiamiamo fratelli e sorelle. Per questo motivo da noi i posti letto sono chiamati posti-persona. Tutti coloro che svolgono il proprio lavoro nelle nostre strutture cercano sempre di fare qualcosa in più affinché la vita terrena di queste persone sfortunate riceva un sorriso, un abbraccio. La nostra attività è tesa a dare voce a questi nostri fratelli che non possono parlare e a dare risposte ai loro familiari, quando ci sono.

– E perché preziosi?

Perché la loro esperienza dolorosa è capace di sollecitare il cuore a battere più forte e a frustare la coscienza. Sono preziosi perché capaci di rafforzare i muscoli della solidarietà e dell’amicizia. Come viene spiegato nel libro nella sezione “La palestra di Gabriele” a cura di Antonia Peroni, la realtà talvolta non è facile da accettare, eppure la dimensione della sofferenza e le fragilità conseguenti sono ineliminabili dall’orizzonte della vita. Fuggire o ignorare tutto ciò serve solo a rimandare un problema che, prima o poi, in forma più lieve o più forte, si farà presente.

I fratelli e le sorelle preziosi sono sono quindi persone da cui imparare ad affrontare il disagio, superare la paura del dolore, esprimere tenerezza ed empatia. Ciò che è prezioso inoltre va trattato e custodito con cura.

– Nel libro lei sottolinea più volte che, se i termini definiscono il vostro programma di lavoro, è essenziale che alle parole corrispondano i fatti.

Assolutamente sì. Tutte queste parole potrebbero rivelarsi una trappola se non fossero vissute con coerenza. Personalmente sono abituato a chiedere a tutti coloro che frequento nel mio lavoro e in famiglia di correggermi qualora dovessi avere un comportamento non coerente con i principi ai quali voglio ispirarmi.

Parlare di conoscenza, vicinanza, ascolto nei confronti dei nostri fratelli preziosi sarebbe ipocrita se in realtà ci tenessimo a distanza. Solidarietà, dignità, salute, libertà sono difficili da vivere nella quotidianità, lo sappiamo, ma l’importante è camminare insieme in questa direzione e impegnarsi a seguire i principi in cui crediamo.

– Lei evidenzia la necessità di vivere in relazione per evitare il rischio di cadere nel buonismo e nell’ipocrisia. Cosa intende?

Per schivare la trappola del buonismo e dell’ipocrisia è indispensabile “camminare insieme” ad altri perché la condivisione di un percorso è l’unico modo che abbiamo per confrontarci con l’altro e capire se il nostro atteggiamento e le opere che svolgiamo sono coerenti appunto con i nostri ideali.

La società oggi è sempre più concentrata sul benessere individuale e questo certamente è importante nella vita di una persona, ma sappiamo tutti che in ogni situazione e stagione della vita abbiamo un’estrema necessità di relazioni, senza le quali anche il resto perde di significato. Non è un caso che la rivista periodica della Fondazione Maffi si intitoli “Noi”.

– La relazione di cui lei parla va anche oltre, ovvero si estende al rapporto tra la Maffi e la società pubblica. Nel volume lei dedica un capitolo a questo argomento, dal titolo “Dal Fortino alla Tenda”. Cosa significano questi termini?

I nostri fratelli e sorelle preziosi hanno bisogno di essere inseriti nella società alla quale appartengono. Isolare la fragilità e metterla in un recinto equivale a rimuovere dalla vista e dal cuore ciò che ci crea disagio e questo non lo possiamo permettere. I nostri fratelli preziosi, siano essi anziani o disabili o persone con disturbi psichici, sono bisognosi di amore e attenzione come tutti.

Anche la comunità esterna però ha bisogno di loro per crescere in umanità, in esperienza e in saggezza. La società infatti corre il rischio di diventare un fortino chiuso in sé tanto quanto le strutture che ospitano i fratelli più fragili. La gente ci viene da noi oppure no? Si crea osmosi o no?

A questo scopo come Fondazione abbiamo invitato le autorità pubbliche a prendere parte alla vita della Maffi con alcune iniziative, così come abbiamo sviluppato dei progetti con le scuole. Ci deve essere contaminazione fra l’esterno e l’interno. Le strutture come la nostra devono concepirsi come spazi di scambio e di relazione. L’individualismo, la crisi delle relazioni, l’incapacità a condividere progetti di vita e di lavoro sono forme di male che tolgono senso alla vita.

– Il lavoro nelle strutture che si occupano di anzianità, disabilità fisiche e psichiche non è semplice. I ritmi sono impegnativi. Qual è la condizione del personale?

Siamo consapevoli che lavorare per ore in strutture come le nostre non è facile. Anche da noi ci sono delle difficoltà, però siamo consapevoli dei nostri limiti e questo è importante.

La Maffi, essendo una Onlus, rispetta i parametri inerenti a questo settore. I nostri contratti di lavoro fanno riferimento a quanto previsto da un’organizzazione di categoria del settore sociosanitario, assistenziale ed educativo alla quale aderiscono oltre mille enti associati in tutta Italia, quasi tutti non profit di radici cristiane. La dignità anche economica dei lavoratori deve essere garantita.

Va segnalato inoltre che dopo la pandemia la ricerca di personale specializzato non è semplice.

– La Fondazione Maffi promuove programmi di formazione per mantenere aggiornato e motivato il personale. Di cosa si tratta?

L’istituzione provvede a un aggiornamento continuo su aspetti teorici e pratici e offre anche proposte formative di emancipazione culturale. La Fondazione partecipa a un osservatorio curato dal Sant’Anna di Pisa, cui aderiscono un centinaio di altre strutture analoghe alla nostra, che monitora i livelli di servizio attraverso la verifica di una serie di parametri.

Per quanto riguarda la formazione in senso più ampio rivolta al personale, vengono proposti approfondimenti tematici durante seminari residenziali a San Cerbone; vengono promosse iniziative culturali come ad esempio visite guidate a mostre d’arte; da cinque anni sono organizzati ‘Meeting’ (il prossimo sarà il sesto e avrà come argomento il valore della carezza) aperti anche al pubblico che desideri conoscere le risorse della Maffi; sempre aperto al pubblico è il progetto “La palestra di Gabriele” con esperienze reali di vita in struttura, pensato per sviluppare un ponte tra il “dentro” e il “fuori”.

Come ente d’ispirazione cristiana proponiamo inoltre un percorso formativo di quattro giorni, “La Maffi a Gerusalemme”, che prevede che ogni anno venga offerta la possibilità a una quindicina di nostri operatori di svolgere un iter nei luoghi santi (“camminare nel deserto”), sotto la guida di un padre francescano.

Il Vangelo è verità, urge nuovo vigore nella predicazione

di SILVIA CECCHI – articolo tratto da “I Quaderni della Propositura”, numero di Dicembre 2022. 

Nel corso dell’estate abbiamo intervistato padre Alberto Simoni, frate di lunga esperienza dell’Ordine dei Predicatori, attualmente in servizio nel convento di San Domenico di Fiesole.

– La nascita dell’Ordine dei Predicatori risale al Medioevo, qual è l’attualità del carisma domenicano a tanti secoli di distanza dalla sua fondazione?

San Domenico era inserito nella struttura gerarchica della Chiesa e l’Ordine è canonico, cioè costituito da sacerdoti (sono inoltre presenti i conversi, fratelli cooperatori): il nostro fondatore era un chierico che ha superato il clericalismo, orientando il ministero sacerdotale alla testimonianza evangelica.

Ha osservato la realtà del suo tempo e ha compreso quali erano le necessità della popolazione di allora. Ha ritenuto urgente portare la Parola di Dio fra le genti che non conoscevano la fede così come fra coloro che si erano allontanati dalla Verità.

Il compito primario era dunque la testimonianza del Vangelo, praticata attraverso uno stile di vita religiosa che rispecchiasse in modo più radicale l’esempio di Gesù e degli apostoli. Il ruolo dottrinale che l’Ordine ha assunto fin dalle origini è ordinato alla finalità apostolica e alla predicazione del Vangelo. Tutto questo risponde alle esigenze della società contemporanea, non meno problematica rispetto a quando l’Ordine è nato.

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San Domenico e l’Ordine dei frati Predicatori

di SILVIA CECCHI – articolo tratto da “I Quaderni della Propositura”, numero di Dicembre 2022. 

Lo studio e il tempo da dedicare necessariamente a questa attività caratterizzano in modo particolare la vita dei frati predicatori. Il culto della verità, definito per la precisione “carità della verità”, distingue il loro carisma: i domenicani cercano la verità, la approfondiscono, la contemplano, la vivono, la predicano e la difendono.

Sono specialisti di teologia, filosofia, scienze sociali. Si distinguono nell’insegnamento universitario, pubblicano in più lingue molte riviste scientifiche di carattere appunto teologico, filosofico, storico, sociale e di vita spirituale.

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