391. IN CAMMINO – Don Piero l’indiano

Fra i numerosi doni di Natale che ho ricevuto in questa settimana, tutti graditissimi, c’è stata anche una confezione di fiale per curare la calvizie con tanto di lettera pubblicitaria d’accompagamento che recava “non è mai troppo tardi per recuperare una folta capigliatura che ti farà apparire più giovane”.

Sebbene il detto classico suoni “curiositas feminarum” anch’io che pure sono un sacerdote ho ceduto alla curiosità femminile e, lette le istruzioni per l’uso, ho deciso di sperimentare la lozione.

La sperimentazione è andata male.

Le istruzioni erano precise ma io sono stato maldestro nel metterle in atto finendo per fare una figura ridicola agli occhi dei miei amici che si sono fatte un bel po’ di risate.

Le istruzioni dicevano che il farmaco, approvato ecc. ecc., “una volta versato sul bulbo pilifero agisce da stimolante, come prova il rossore cutaneo conseguente, con risultati estetici positivi nel giro di poche settimane”.

Ho versato dunque la preziosa lozione sul cranio spelacchiato e ho iniziato a massaggiare la parte con vigore (sempre nel rispetto delle istruzioni) incurante del fatto che buona parte della stessa mi era gocciolata sulla fronte, sulle guance, sulle orecchie, ovunque.

Guardandomi poi, felice, allo specchio mi sono subito allarmato rendendomi conto che era “sopravvenuto” un antiestetico rossore su tutta la faccia tanto da farmi apparire simile al famoso Toro Seduto, dalle guance colorate, che contendeva i territori indiani a Buffalo Bill.

Se ne sono accorti anche i mei amici che, ridendo di gusto, mi hanno suggerito di mettere una penna d’oca fra i capelli per essere ancora più somigliante al grande capo indiano.

 

 

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