Questa nota quotidiana – probabilmente lo avete già capito da tempo – mi serve anche per sgravarmi un po’ dai miei pensieri o, come stamattina, dalle mie sofferenze psicologiche.
Infatti come voi avete bisogno di me per sfogarvi dei vostri problemi così io ho bisogno di voi per sfogarmi dei miei… Voi mi cercate perché vi fidate di me e io vi cerco per lo stesso motivo: mi fido di voi, mi sento amato e quindi esterno volentieri anche le mie sofferenze.
Da soli talvolta ci perdiamo… aprendoci con le persone amate recuperiamo tranquillità.
Il motivo della mia sofferenza stamani è la tragica morte di un parrocchiano a me legato da amicizia e stima. Probabilmente avrete già letto sul giornale o sulle reti televisive locali la notizia della sua tragica fine e quindi non voglio aggiungere notizie alle notizie anche perché si tratta di una vicenda molto dolorosa per la famiglia e per i suoi amici e colleghi.
Intervengo per chiedervi una preghiera per lui e per la sua famiglia e anche per rispondere alle tante domande che in questi casi ci poniamo: perché la vita, in certi casi, diventa così pesante fino a diventare impossibile?
Non sono uno psicologo e quindi la mia non è la risposta di un professionista della materia ma solo la risposta di un sacerdote che, sia per esperienza diretta che per aver dato conforto a tante persone, può dire qualcosa ovviamente con la massima discrezione.
In certi momenti, nonostante la fede, l’affetto dei nostri cari, gli impegni professionali e tutto il resto ci sentiamo terribilmente oppressi dai problemi che la vita di tutti i giorni ci presente, vedi ad esempio le problematiche legate all’epidemia e ora alla guerra…
Perché i nostri cari non se ne accorgono? Per il semplice fatto che ci dispiace farli soffrire e quindi tendiamo, per amore nei loro confronti, a nascondere questo nostro stato d’animo.
Non aggiungo altro. Caro R. ti ricorderò sorridente come quando ci incontravamo al mare dalle Suore: io uscivo con i bimbi e tu venivi nella pausa-pranzo. Un sorriso e un arrivederci…