518. IN CAMMINO – picconato…

Presso la filiale di FDM della Banca Agricole è presente da alcuni mesi alla “cassa” un impiegato proveniente da Càscina, il mio Comune di residenza finché non mi hanno trasferito al Forte.

Abbiamo fatto immediatamente amicizia. Mi racconta le ultime notizie del paese in modo da farmi respirare ancora l’aria di casa (e della parrocchia visto che l’attuale Sindaco e altri esponenti della politica o del sociale sono miei ex-parrocchiani o ex-alunni).

In cambio gli racconto di FDM; delle tradizioni, delle caratteristiche dei paesani in modo che possa ambientarsi sempre di più anche in vista della sua delicata professione a contatto col pubblico.

Ogni tanto gli scappa qualche locuzione tipica del piano di Pisa. Io ormai ho perduto (salvo quando mi arrabbio… quindi praticamente mai!) non tanto l’accento o la calata quanto certe espressioni del dialetto locale.

Così quando le ascolto ne resto felice ripensando ai miei trascorsi.

Stamattina, ad esempio, mentre parlavamo della facilità degli slavi (gli ucraini) nell’apprendere le lingue e al contrario della nostra innata difficoltà gli è scappato proprio uno di questi termini.

“Siamo proprio “picconati” nell’imparare le lingue straniere!”

Subito mi è tornato alla mente l’insegnante di lingua tedesca in seminario, don Achille Nelva (detto familiarmente “belva” perché severissimo) che appunto ci diceva che per farci entrare in testa almeno qualche parola di  tedesco gli occorreva il “piccone”.

Noi dunque non eravamo i suoi “alunni” bensì i suoi “picconati”.

 

 

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