Nel corso dell’estate, durante le celebrazioni nella chiesa di Roma Imperiale e nel parco delle Canossiane, ho proposto delle riflessioni/catechesi sul sacramento della Confessione.
I presenti, attentissimi, hanno gustato molto quanto ho detto.
E, in aggiunta all’attenzione, ne hanno approfittato per confessarsi!
In questi ultimi due giorni sono stato incollato al confessionale – è un modo di dire perché i confessionali lo momento, causa epidemia, non possiamo usarli – ad ascoltare i penitenti.
L’ascolto è una forma di amore nei confronti di chi si presenta. Non è possibile far finta di ascoltare pensando però ad altro. Il penitente deve sentirsi amato, deve avere la certezza che il prete che lo ascolta è tutto e solo per lui: solo così può riuscire ad aprirsi.
Fedele a questo mio modo di fare, per almeno due/tre ore, sono stato “assente” dai problemi della parrocchia (e pure dai miei problemi personali) per ascoltare questi cari amici che mi hanno scelto per confessarsi.
Devo dire – per sincerità – che ho ricevuto più di quello che sono riuscito a dare. Non posso aggiungere altro per fedeltà al segreto della confessione ma è proprio così.
Per questo ringrazio Dio e porpongo di impegnarmi ancora di più in questo servizio pastorale alla comunità che mi riserva delle esperienze così belle.