Ho seguito la liturgia funebre in suffragio del papa emerito con un misto di dolore e di gioia. Dolore perché una vita che si spenge provoca sempre dolore. Ma anche gioia nella certezza della risurrezione e del premio concesso ai buoni servitori del Signore Gesù.
Papa Francesco ha parlato per pochi minuti.
Ha detto che la vita di papa Benedetto è stata “cesellata” dalle mani piagate del Signore per farla diventare simile alla Sua: ha avuto la gioia d’essere stato scelto per il ministero di pastore del gregge che importa un amore incondizionato per il popolo di Dio, amore che talvolta fa pronti anche a soffrire per le persona amate.
E lui ne ha avute di sofferenze/incomprensioni a causa del suo carattere mite.
Negli anni trascorsi nel monastero vaticano si è dedicato al Signore e al suo popolo offrendo un silenzio orante: silenzioso e apparentemente estraneo ma in realtà sempre partecipe nella preghiera alle vicende della chiesa.
Questo amore incondizionato resterà perché l’amore, in Dio, non si perde.
Poi, al termine della celebrazione, ha voluto benedirlo sfiorando la bara.
E adesso? Cosa resterà di papa Benedetto? Nel mistero della comunione dei santi continuerà la sua presenza orante: continuerà a vegliare sulla chiesa offrendo la sua preghiera e la sua protezione. Non è santo ma lo diventerà. Nell’attesa cominciamo a invocarlo.
La chiesa del futuro sarà sempre più una chiesa “pusillus grex”, povera, priva di privilegi… ma fioriranno nuovi germogli che la renderanno ancora più bella.