Oggi, sempre a proposito di papa Benedetto, vorrei scrivere qualcosa sulla sua mitezza di Pastore. Essere miti non significa essere ingenui e nemmeno tolleranti.
Essere miti significa non perdere la pazienza anche davanti a chi fa di tutto per fartela perdere e cercare sempre e comunque l’incontro e, se possibile, il dialogo. L’ingenuo scambia la falsità e l’inganno con la verità e la sincerità. Lui non era ingenuo: capiva immediatamente e reagiva di conseguenza come quando accennò ai “lupi” pronti a fare strage all’interno della chiesa o al “marcio” presente all’interno del Vaticano. Il tollerante permette o acconsente anche a ciò che è sbagliato pur di non avere problemi di immagine. Lui esigeva che la Verità cristiana fosse sempre e comunque chiara e scevra da ambiguità.
Negli anni dell’insegnamento universitario ebbe un grosso contrattempo a Tubinga: e lui lasciò la cattedra, senza fare polemiche anzi restando amico di chi lo aveva ingannato.
Da Vescovo, a Monaco di Baviera, provò a dialogare anche con chi aveva posizioni non più cattoliche e riuscì a recuperare molti cristiani sbandati, inclusi alcuni sacerdoti.
Da Papa è riuscito a dialogare con i musulmani (riuscendo a superare una frizione dovuta più a che altro a un lancio giornalistico parziale), con gli ortodossi, con gli anglicani, con i protestanti e i “tradizionalisti”. E se non sempre è riuscito ad avere risultati è stata sempre riconosciuta la sua mitezza e la sua umiltà.
Clamoroso fu l’episodio della Sapianza, a Roma, che rifiutò di incontrarlo. Lui, con umiltà, accettò di essere messo a da parte rinunciando volontariamente alla lezione magistrale che altri avrebbero voluto a ogni costo.
E poi la drammatica scoperta e la denuncia pubblica della pedofilia all’interno della chiesa: peccato che aveva macchiato anche personaggi importanti. Riconobbe il peccato e ne chiese perdono quasi fosse stata una sua responsabilità.
Come pure la scoperta di alcuni collaboratori che “rubavano” e “vendevano” documenti riservati. Perfino in questo caso manifestò mitezza e umiltà offrendo il perdono e la grazia a chi gli aveva procurato tante sofferenze.