Siamo nel periodo della Dichiarazione dei Redditi.
Anch’io sono già stato dal commercialista per le pratiche mie personali e per quelle della parrocchia. Dopo una breve verifica dei documenti allegati mi ha chiesto se volessi firmare a favore della Chiesa Cattolica e, ovviamente, ho risposto di sì.
Poi, incuriosito, gli ho chiesto in quale percentuale i dichiaranti si fossero dichiarati favorevoli alla Chiesa Cattolica e mi ha spiegato che i dichiaranti “di città” sono quasi tutti favorevoli mentre quelli della periferia e dei paesi, almeno in buona parte, scelgono spesso diversamente.
Ragionando sulla sua risposta penso di aver individuato uno dei possibili motivi di questa discrepanza nella ripartizione dei “fondi” soprattutto di quelli destinati alla carità.
Premesso che non sono un tecnico cercherò di spiegarmi meglio. Immagino che sia risaputo da tutti che la maggior parte dei “soldi” destinati alla Chiesa Cattolica (600 milioni) sono a vantaggio della popolazione, in opere di carità, in attività di aiuto alle famiglie e alle parrocchie in condizioni di necessità. L’altra parte (400 circa) sono per il sostentamento del clero.
Riferendomi appunto alla somma destinata alle persone/parrocchie in necessità osservo che vengono privilegiate certe iniziative – peraltro lodevoli – riguardanti la città ma non il territorio (salvo eccezioni).
Questo perché gli interventi detti comunemente “a pioggia”, vengono giudicati inutili. Questo può essere anche vero però è anche vero che sono i “versamenti a goccia” che contribuiscono a determinare la consistenza del fondo…
Quindi, a mio sommesso parere, sarebbe opportuno che l’importo diocesano venisse devoluto almeno in minima parte anche per i poveri delle varie comunità parrocchiali.
In questo modo i parroci ne parlerebbero più facilmente.