Abbiamo parlato un po’ di tutto… L’arcivescovo ha preso la parola per primo per illustrare la “bolla” di indizione dell’anno santo 2025. Niente di particolare da segnalare se non l’importanza dell’appuntamento.
Subito dopo ci siamo riuniti nei gruppi di studio e lì sono emerse le differenze di mentalità fra noi sacerdoti. Mi limiterò pertanto a scrivere qualcosa su quanto ho detto io… avvisandovi però in anticipo che il mio dire non è stato recepito positivamente dalla maggioranza.
Dunque cosa ho detto. Ho detto che se è vero che questo Giubileo dovrà essere il Giubileo della “speranza” non è detto che si debba intendere la speranza come la intende, ad esempio, Bloch in “Das primzip hoffnung” (ripreso dal teologo protestante Moltmann…) perché in questa visione non c’è spazio per Dio.
La speranza cristiana, caso mai, è quella cui accenna Peguy nel “Portico delle tre virtù” in cui correla la speranza alla fede e alla carità.
In altre parole la speranza cristiana non è il “sol dell’avvenire” di marxista memoria ma la piena accettazione che il Signore mai ci abbandonerà restando sempre con noi nel Sacramento dell’Eucarestia, nella Parola e nella persona dei fratelli sofferenti fino alla realizzazione del suo Regno… con quello che ne segue.
Rinunciare all’Eucarestia (e ai sacramenti) equivale a morire di inedia visto che è proprio nell’Eucarestia che il Signore è immediatamente presente. Così discettare sulla Parola di Dio scegliendo con cura quello che più ci aggrada non è corretto. Come pure trascurare i poveri…
Ma tutto deve restare unito senza scindere l’uno aspetto dall’altro.