San Domenico e l’Ordine dei frati Predicatori

di SILVIA CECCHI – articolo tratto da “I Quaderni della Propositura”, numero di Dicembre 2022. 

Lo studio e il tempo da dedicare necessariamente a questa attività caratterizzano in modo particolare la vita dei frati predicatori. Il culto della verità, definito per la precisione “carità della verità”, distingue il loro carisma: i domenicani cercano la verità, la approfondiscono, la contemplano, la vivono, la predicano e la difendono.

Sono specialisti di teologia, filosofia, scienze sociali. Si distinguono nell’insegnamento universitario, pubblicano in più lingue molte riviste scientifiche di carattere appunto teologico, filosofico, storico, sociale e di vita spirituale.

Da notare che è proprio un domenicano a ricoprire da sempre l’incarico di teologo della Casa Pontificia, in passato definito “maestro del sacro palazzo”. Il compito di questa figura consiste in particolare nel leggere e dare il nulla osta a tutti testi preparati dal Papa in carica e dai suoi collaboratori, nella redazione di documenti, discorsi, messaggi ecc., a eccezione di quelli che interessano i rapporti con il corpo diplomatico e la diplomazia vaticana. Il teologo pontificio garantisce l’ortodossia e l’uniformità dell’insegnamento. Di diritto è membro della Congregazione per la dottrina della fede.

San Domenico è il primo fra i fondatori di Ordini religiosi a considerare lo studio elemento essenziale della vita religiosa: se per gli altri Ordini lo studio è conveniente, per il frate predicatore è un dovere. Studio e preghiera si integrano a vicenda e sono indispensabili per l’opera di evangelizzazione: “L’apostolo della verità – scrive san Tommaso d’Aquino nella “Summa theologiae” – deve aderire tenacemente alla sacra dottrina, deve possedere con sicurezza la verità rivelata per poter insegnare con chiarezza la sana dottrina e confutare gli erranti”.

Il frate predicatore ha una particolare attitudine al dialogo. Nel libro “Le grandi scuole della spiritualità cristiana”, il domenicano Alfonso D’Amato descrive le caratteristiche dell’Ordine dalle origini ai giorni nostri. Spiega che è lo stesso dovere dell’evangelizzazione che impone al frate predicatore una grande disponibilità al dialogo. La sua attività apostolica è rivolta particolarmente ai non credenti e ai credenti la cui fede tuttavia è caratterizzata da un bisogno di ricerca e di maggiore chiarezza. “Il domenicano è sempre in contatto con gli uomini del proprio tempo; li interroga e li ascolta per comprenderne la mentalità e per adattare alla loro capacità di ascolto della parola di Dio i modi e le forme dell’annuncio della verità evangelica. […] È uomo del suo tempo e tuttavia annunciatore di verità eterne; è comprensivo delle aspettative della società in cui vive, ma sa anche di non dover mai cedere alla tentazione della popolarità o alla moda del momento”.

Lo studioso aggiunge che il frate predicatore è consacrato particolarmente al servizio degli uomini che della verità hanno estremamente bisogno: “La verità sottrae l’uomo alla prepotenza dell’istinto e all’asservimento dell’opinione altrui, lo libera dall’errore e dalle illusioni, gli indica la misura reale delle cose e il loro valore; perciò lo libera da ogni genere di schiavitù, gli dà per questo il gusto della vita e lo fa veramente uomo”.

L’istituzione dell’Ordine dei Predicatori è quasi contemporanea a quella dell’Ordine dei Frati Minori. Tra i due fondatori corrono dieci anni d’età: san Domenico nasce nel 1170 e muore nel 1221, mentre san Francesco nasce alla fine del 1181 e muore nel 1226. L’approvazione pontificia delle due fondazioni risale al 1216 per i domenicani e al 1223 per i francescani. Entrambi sono ordini mendicanti, sorti al tempo dello sviluppo dei comuni e della conseguente evoluzione della società, caratterizzata dalla formazione di nuovi ceti benestanti, in particolare mercanti e imprenditori, da una maggiore circolazione della ricchezza e al tempo stesso da nuove forme di disuguaglianza sociale ed economica.

Gli Ordini mendicanti sono itineranti, perché hanno lo scopo di raggiungere la popolazione nei luoghi che maggiormente frequenta e dove si concentra. I frati sono predicatori perché hanno il compito di portare la Parola a chi si è allontanato dalla fede, a chi non crede e a chi ha abbracciato altre correnti religiose dichiarate eretiche dalla Chiesa.

Proprio la nascita e lo sviluppo di questi ultimi movimenti spingono il papato a favorire l’opera dei domenicani, così come quella dei francescani, per contrastare il fenomeno che si manifesta in modo importante tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo.

Come spiega D’Amato, la Santa Sede riconosce la necessità di avere “un clero dinamico, non legato a un’abbazia o a una cattedrale; un clero povero e dotto per combattere l’eresia con la sana dottrina e con l’esempio di una vita evangelica; un clero organizzato democraticamente e in gruppi non più isolati e autonomi, ma collegati tra loro da un regime centralizzato”.

A differenza dei movimenti combattuti dal papato, che contestano le gerarchie ecclesiastiche e i loro comportamenti affetti da corruzione, sete di potere e di ricchezza, gli ordini mendicanti rivolgono la propria azione verso il popolo dei fedeli e si offrono come “strumenti” della Chiesa per la propagazione della fede nel completo rispetto della dottrina cattolica.

San Domenico di Guzman era nato in una famiglia agiata in Spagna, in un villaggio montano della Vecchia Castiglia, a Caleruega. A ventiquattro anni fu ordinato sacerdote ed entrò tra i “canonici regolari” della cattedrale di Osma. Accompagnando il vescovo Diego in una missione nel nord Europa, venne in contatto con le popolazioni della Francia meridionale dove constatò il dilagare in particolare dell’eresia catara. Domenico e Diego avvertirono la necessità di adoperarsi per la conversione di coloro che si erano allontanati dall’ortodossia cattolica. Quando il vescovo improvvisamente morì, Domenico portò avanti l’opera con un gruppo di compagni che condividevano i suoi stessi ideali.

Papa Innocenzo III approvò l’iniziativa, confermata da Onorio III in modo definitivo. Durante il concilio del Laterano di quegli anni, infatti, si era trattato ampiamente del problema della predicazione, delle difficoltà per i vescovi di concentrarsi su questo compito a causa delle loro molteplici occupazioni e della necessità di una preparazione scrupolosa per agire in tale ambito.

La linea che san Domenico dettò all’Ordine dei Predicatori stabiliva di non parlare che di Dio o con Dio; imponeva l’obbligo della povertà evangelica (divieto assoluto di accettare proprietà e redditi, così come di portare denaro nei viaggi; povertà degli edifici e nello stile di vita) per dare l’esempio al popolo dei fedeli di una vita religiosa aderente ai principi originari del cristianesimo.

Inventò una forma di vita innovativa per il suo tempo, cioè contemplativa ma allo stesso tempo apostolica e missionaria, consacrata al ministero della Parola. Come D’Amato specifica, la predicazione dei domenicani era di carattere dogmatico (insegnare la regola della fede ed estirpare l’eresia) e morale (combattere i vizi).

San Domenico dette per primo esempio di povertà assoluta. Condusse una vita ascetica e austera, che divenne regola per tutto l’Ordine, il primo di forma mendicante. L’ascetismo domenicano però non richiedeva necessariamente grandi mortificazioni esterne, fa notare lo studioso. Richiedeva piuttosto un rigore interiore che consisteva nella pratica continua delle virtù morali e delle “osservanze regolari” condivise nell’ambiente comunitario del convento.

Lo studio nella vita dei frati predicatori è considerato uno strumento indispensabile per evitare pericolose deviazioni e la Regola prevede del tempo da dedicare espressamente a questo. Lo studio non è mai considerato un ostacolo alla preghiera, anzi è esso stesso preghiera perché è ricerca della verità divina.

Ogni convento domenicano, oltre che un centro di predicazione e di vita spirituale, era anche una scuola. Nelle sedi più importanti aveva luogo inoltre uno Studio Generale: una scuola superiore che, pur non essendo università, ne aveva le caratteristiche. Già nel 1229 l’Ordine ottenne una prima cattedra nell’università di Parigi e molti domenicani occuparono incarichi nelle più prestigiose istituzioni del tempo fino a istituire essi stessi università di fama in Italia e all’estero.

I frati erano collaboratori dei vescovi nell’ufficio dell’insegnamento e della predicazione. Presto vennero inoltre investiti essi stessi della carica episcopale in modo da rinnovare la gerarchia ecclesiastica.

Per la loro grande preparazione e meticolosa conoscenza della dottrina vennero scelti anche quali giudici della fede ed esattamente quali inquisitori nel periodo in cui questo tribunale religioso operò. L’inquisizione venne istituita a partire dal XIII secolo per contrastare gli eretici (principalmente catari) e nel tempo ampliò il proprio raggio di azione. In Spagna si diffuse con particolare vigore e riguardò soprattutto ebrei e musulmani. In seguito fu impiegata anche per avversare la diffusione del protestantesimo.

I tribunali dell’inquisizione si avvalevano di domenicani o francescani e collaboravano con i tribunali civili, che erano sotto la titolarità dei sovrani.

La competenza dei frati predicatori ha offerto un contributo determinate in occasione di ogni concilio e riforma che si sono resi necessari nel corso della storia della Chiesa (tra i più noti il concilio di Trento e il Vaticano II).

Ai domenicani sono state affidate delicate missioni diplomatiche e assegnati posti di grande responsabilità nella curia romana, fra cui il Commissariato del S. Ufficio (1542), il Segretariato dell’Indice e l’ufficio di Maestro del Palazzo, oggi appunto teologo della Casa Pontificia.

Come tutti gli altri Ordini e congregazioni religiose, i domenicani hanno attraversato periodi difficili a seguito della diffusione dello spirito laicista ispirato dall’Illuminismo. Hanno subito ingerenze da parte del potere temporale e soppressioni a livello internazionale. Oggi soffrono del calo generalizzato delle vocazioni.

L’abito caratteristico dei frati predicatori è bianco (saio e scapolare) con una cappa nera. Il loro fondatore è spesso raffigurato con un cane ai piedi che tiene in bocca una fiaccola. Secondo la tradizione infatti la madre di san Domenico, prima di concepirlo, aveva avuto in visione di portare in seno un cagnolino che teneva in bocca una torcia. Nella visione veniva prefigurata la nascita di un esimio predicatore, capace di infiammare con forza la carità raffreddata in molti cuori e di vigilare sulle virtù delle anime.

Il suo nome sarebbe ispirato a san Domenico di Silos, cui la madre era devota. Giocando sull’assonanza delle parole, poi, i predicatori sono stati denominati e raffigurati come “i cani del Signore” (Domini canes), a difesa della dottrina della Chiesa.

I frati predicatori sono molto devoti alla Madonna. Il fondatore è noto per aver diffuso e promosso la preghiera del Rosario, la cui corona pende ai loro fianchi.

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