UNA STORIA IN BOTTIGLIA

Il “Birrificio del Forte” nasce da una storica famiglia versiliese legata al paese, alla chiesa di S.Ermete, al cuore contadino delle origini e al comparto del marmo. Francesco Mancini è un giovane imprenditore che ha fatto della propria passione una professione, dando vita ad un’eccellenza produttiva locale riconosciuta a livello italiano e internazionale. La sua forza affonda nei valori che gli hanno trasmesso il nonno Alfredo e il babbo Fernando, tratti ereditati dalle nuove generazioni dei Mancini.

di Silvia Cecchi

Si beve molto di più di quello che c’è in bottiglia. Le birre del “Birrificio del Forte” portano con sé un racconto, una storia: quella di un giovane imprenditore che ha scommesso sulla sua passione per la produzione di questo genere di bevanda, riuscendo a creare un’impresa artigianale di qualità; quella di una famiglia unita, solidale e accomunata da valori come l’onestà, la serietà e il rispetto; quella della Versilia che ha ispirato il marchio e i nomi dei vari prodotti che riportano, nei diversi generi, caratteristiche collegate alle specificità del territorio.

Con le sue produzioni Francesco Mancini ha collezionato importanti riconoscimenti a livello italiano e internazionale. A pochi anni dalla nascita del suo birrificio, l’attività è in espansione: cresce il personale, si amplia il mercato, prendono il via le esportazioni all’estero.

Mancini a lavoro nel laboratorio

Il Birrificio del Forte ha sede nella zona artigianale di Pietrasanta ed è composto da luogo di produzione, magazzino, negozio per il pubblico, uffici. Il titolare ci mostra tutti gli spazi adibiti ai vari scopi, tra cui l’area caratterizzata da moderni impianti e ambienti volti alla produzione, alla maturazione e fermentazione naturale, all’imbottigliatura. L’impresa ha una produzione di mille ettolitri annui, per sei tipi di bevande costanti più due stagionali. “Le birre che produciamo rispecchiano quello che abbiamo sempre desiderato trovare nelle altre: piacere e facilità di bevuta senza sacrificare gusto e pienezza”, è riportato sul sito Internet dell’azienda dove è descritta in dettaglio l’attività. “Per mantenere questo delicato equilibrio occorre rispettare una serie di criteri fondamentali ai quali non vogliamo rinunciare: passione, selezione delle materie prime, rispetto dei tempi necessari per le fasi di fermentazione e maturazione, costante controllo di ogni processo e cura delle nostre creazioni”.

Secondo me il birraio è un artista”, dice l’imprenditore quarantenne. “Il lavoro di studio e il contatto con il prodotto, la miscela dei vari ingredienti, la ricerca di equilibri sono fasi determinanti per la creazione della propria ricetta”. Mancini ha messo su una piccola coltivazione di luppolo, cui attinge per la composizione dei suoi prodotti. “Mi ricordo che da bambino andavo con mio nonno Alfredo a cogliere il “noppolo”, che è il nome con cui veniva chiamata la pianta del luppolo nel dialetto versiliese. Gli sono stato dietro fin da piccolo e crescendo mi ha insegnato tanti lavoretti, trasmettendo anche a me quella sua manualità che è stata una vera e propria risorsa per la nostra famiglia. Sia mio nonno che mio babbo hanno fatto insieme tante opere, di vario genere, tra cui la casa di mio padre”.

Alfredo e Onelia Mancini

Alfredo nasceva come contadino, mezzadro, muratore. Aveva tante capacità pratiche che ha saputo mettere a frutto in modo versatile. Il nipote lo ricorda come un uomo austero, autorevole, bravo. Era camarlingo della chiesa di S.Ermete, braccio destro di don Clemente, don Janni e, in anzianità, di don Piero. Questo incarico prevedeva la cura e l’organizzazione di tutte le manifestazioni esterne, come le processioni. I Mancini sono una famiglia storica del paese, però il nipote ci spiega che non sono mai stati molto in vista, probabilmente per lo stile di vita piuttosto riservato e per il genere di lavoro poco esposto che svolgevano.

Il padre di Francesco, Fernando, lavorava nel settore del marmo, ma si esprimeva in tante altre attività proprio grazie alla manualità targata Mancini. “Al suo funerale – ricorda il figlio – don Piero lo ha descritto come un uomo di fatti e non di parole. Era proprio vero. È stato legato alla famiglia e al lavoro, valori che mi ha trasmesso”.

Francesco ha trovato in suo babbo un sostegno fondamentale quando ha deciso di dedicarsi in modo professionale alla produzione della birra, lasciando il lavoro di disegnatore nel comparto del marmo. “Mi è sempre stato vicino e mi ha aiutato sia economicamente che materialmente nella fase di avviamento della mia nuova attività. Una volta in pensione si è reinventato e mi ha aiutato a imbottigliare, etichettare, fare le consegne, mi ha accompagnato alle fiere. Soltanto dopo che il birrificio ha preso il via, ho saputo che aveva avuto dei dubbi e delle preoccupazioni a proposito della mia scelta”.

A casa, intanto, c’era mamma Nicoletta, riferimento sicuro per tutti. “Per me si trattava di una famiglia normale, – dice Francesco Mancini – poi mettendo il naso fuori dal mio ambiente mi sono accorto che era di valori profondi. Ci siamo sempre aiutati gli uni gli altri e ognuno di noi si è prestato a fare tutto, perché tra familiari ci si deve sostenere”.

La famiglia Mancini

Il momento della perdita del nonno Alfredo e poi del babbo Fernando non sono stati facili da affrontare: “La mancanza fisica è stata dolorosa, ma abbiamo reagito bene alla perdita perché si respira la loro presenza in tutte le cose ci circondano. Sentiamo anche la responsabilità di portare avanti questo lascito importante”.

L’onestà, il rispetto per gli altri, l’umiltà sono valori che il giovane Mancini porta con sé anche nel lavoro e nel rapporto con la clientela, garantendo la qualità e ampliando l’offerta senza trascurare il protocollo.

Il suo interesse per la birra è innato. Fin da ragazzo è stato incuriosito dalle etichette, dal colore, dalla gradazione alcolica di questo prodotto che è una delle bevande più antiche del mondo, registrata perfino nella storia scritta dell’antico Egitto e della Mesopotamia, quando era considerata pure un alimento e una medicina.

Nel tempo Francesco ha approfondito le sue conoscenze ed ha iniziato a fare la birra in casa. Nel corso di viaggi in Italia e all’estero è andato alla scoperta di birrifici e centri di produzione di fama storica, come quelli di alcune abbazie di monaci trappisti del Belgio e dell’Olanda. “In questi luoghi – ci racconta – si respira l’aria del posto dove viene realizzata e si comprende la differenza di stili sia da un punto di vista storico che produttivo”. Dietro alla birra, insomma, c’è un mondo. “Purtroppo questa bevanda spesso viene associata all’ubriachezza, – continua Mancini – invece è interessante conoscere la cultura della birra, la sua storia, il fatto che nasce come piacere e come sostentamento, non come molestia. Chi consuma birra artigianale cerca più la qualità che la quantità”.

Nel 2006 Francesco e altri amici hanno fondato “Ars Birraria”, un’associazione per la promozione del prodotto, che prevedeva l’organizzazione di serate di degustazione e corsi per la realizzazione della birra in casa. Questo l’ha portato ad avvicinarsi ad “Unionbirrai”, associazione culturale di produttori e consumatori, che cura diversi eventi, tra cui il concorso “Birra dell’Anno”, il più importante riconoscimento a livello nazionale. Mancini è stato consigliere italiano per tre anni di Unionbirrai, incarico che ha lasciato quando ha deciso di dedicarsi in modo professionale alla produzione della bevanda, perché sarebbe stato in conflitto col suo nuovo ruolo.

Il Birrificio del Forte è nato nel 2011 e ad aiutarlo a partire con un profilo di alto livello è stato il fratello di Francesco, Simone Mancini. Il suo contributo è stato fondamentale perché Simone, che è biotecnologo e lavora all’università di Pisa, ha seguito attentamente tutta la parte del controllo qualità e tuttora vigila affinché si mantenga costante nel tempo.

I primi birrifici artigianali in Italia sono nati nel 1996”, racconta Francesco Mancini. “Da allora si è creato un movimento che negli ultimi tempi ha registrato una vero e proprio boom in un paese, l’Italia, dove non c’era una specifica cultura della birra, essendo luogo di grande produzione di vino. Oggi si contano più di mille birrifici artigianali e forse siamo al punto massimo di espansione”. Con alcuni di questi Francesco ha un rapporto di amicizia e collaborazione: “Per me sono colleghi e non concorrenti, perché siamo accomunati dalla passione per il prodotto e dall’attenzione alla qualità. Ci sentiamo, ci confrontiamo, andiamo insieme alle fiere”.

Le birre del Birrificio del Forte sono tutte ad alta fermentazione e si ispirano allo stile di quelle belghe e anglosassoni, più caratterizzate le prime dagli aromi della fermentazione del lievito e le seconde da quelli del malto e del luppolo. “Non ho voluto produrre birre stravaganti, con ingredienti particolari. Le mie creazioni si concentrano su stili classici, volti al raggiungimento di una piacevolezza di bevuta senza estremizzazione. Apparentemente può sembrare una scelta semplice, invece questa porta in sé la ricerca di un equilibrio difficile da raggiungere. Stile classico non significa banale o scontato”.

La legge stabilisce che i birrifici, per essere artigianali, non debbano superare un certo quantitativo di produzione, debbano essere indipendenti da multinazionali e che la bevanda non debba essere pastorizzata.

Consegna dei riconoscimenti all’European Beer Star Awards

Mancini è molto legato al suo territorio. Anche se la sua attività lo spinge a spostarsi sempre di più per sviluppare nuovi mercati e partecipare a fiere del settore in Italia e all’estero, lui porta sempre con sé la sua Versilia. Il logo del suo birrificio raffigura un forzuto bagnino in costume stile anni Trenta e i nomi delle sue birre si richiamano tutti al suo ambiente di origine, sede della sua attività.

Così è possibile gustare “La Mancina”, birra che riprende il nome dalla potente gru presente in passato sul pontile di Forte dei Marmi indispensabile per caricare i blocchi di marmo sulle imbarcazioni. Ispirandosi al fatto che nessun carico la fermava, questa tipologia di bevanda è stata formulata in modo da essere ben abbinabile a tutti i generi di piatti. La “Regina del Mare” vuole interpretare lo spirito di una divinità delle acque, morbida ed energica, e si propone come sovrana della tavola nei pranzi ‘principeschi’. La “Cento volte Forte” è stata realizzata in occasione della ricorrenza del centenario del comune fortemarmino, con un’idea di abbinamento al pesce. Queste tre birre si ispirano allo stile bega. Le altre tre fondamentali più vicine al genere anglosassone sono: “Gassa d’amante”, nome del nodo base del marinaio, che sta a indicare a sua volta la bevanda base del birrificio, quella più chiara e leggera; “Meridiano Zero”, tra i parametri di riferimento utilizzati in navigazione, apprezzabile sia come semplice bevuta sia in abbinamento a determinati cibi; “Due Cilindri”, dedicata all’invenzione del motore a scoppio, è una birra dal colore scuro che vuole trarre spunto dal tono dell’olio del motore. Alla gamma costante si aggiungono due stagionali: “Fior di Noppolo”, prodotta impiegando fiori freschi di propria coltivazione, e “Cintura d’Orione”, bevanda invernale adatta a pietanze forti.

Il Birrificio del Forte si è distinto da subito nell’ambito di vari concorsi, tra cui quello italiano di ‘Birra dell’Anno’ e all’European Beer Star Awards di livello internazionale. Nel tempo ha continuato a ottenere riscontri di pubblico e di critica che ne fanno una eccellenza produttiva locale, giovane e già affermata.

Il lavoro mi impegna molto e a volte attraverso dei periodi frenetici. Per questo sento la necessità, appena posso, di affacciarmi sul mare, fare una passeggiata nel silenzio e rivolgere un pensiero alle persone care”, dice Francesco Mancini. “Faccio sempre una riflessione sulla giornata trascorsa e su come mi sono comportato. Questo momento di raccoglimento intimo mi rasserena e mi riappacifica”.

Per me vivere i valori che mi sono stati trasmessi dalla mia famiglia è una forma di preghiera”, conclude. “Il giorno prima di andare a ritirare in Germania gli ultimi premi che ci sono stati attribuiti, mi sono recato al cimitero da mio babbo per ringraziarlo del lavoro che mi ha aiutato a realizzare e per condividere con lui la soddisfazione per i riconoscimenti raggiunti”.

 

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