Hilarem datorem diligit Deus!
Questa mattina, a Messa, ho riletto questa frase che, a suo tempo, posi a ricordo della mia consacrazione sacerdotale. In tutti questi anni l’ho letta e riletta ma ogni volta mi procura emozioni nuone.
È una frase di san Paolo presente nella seconda Lettera ai Corinzi: l’autore fa presente ai suoi lettori che chi dona qualcosa al Signore – che si tratti di soldi e della stessa propria vita – lo deve fare con gioia.
Certamente si tratta di impegni molto diversi perché offrire una somma in beneficenza non è poi così difficile… si può fare anche a cuor leggero (come potrebbe far capire il termine “hilarem” che, alla lettera, significa ” allegro “) visto che si tratta di un dono “una tantum”.
Quando invece si tratta di impegnare una vita intera, per di più rinunciando a farsi una famiglia, a una professione ben remunerata ecc., il discorso cambia. Implica infatti un impegno che dura ogni giorno e per sempre. E dunque non si può prendere a cuor leggero o peggio ancora “con allegria”. La natura infatti, prima o poi presenta il conto!
Nel mio caso, anche se – lo confesso – allora non ero stato troppo attento al contesto (san Paolo scrive infatti di donazioni di denaro), ho fatto una scelta ragionata e “gioiosa” pur sapendo che avrei avuto senz’altro momenti difficili, di sconforto e altro: in altre parole mi sono abbandonato a Dio chiedendogli di farmi incontrare persone buone.
E penso d’aver fatto bene perché non mi sono mancate, nemmeno qui a Forte dei Marmi, consolazioni materiali e spirituali e tanto, tanto affetto da chi ho provato a servire.
Mi sembra proprio che il Signore, di volta in volta, mi abbia fatto fare esperienze o conoscere persone utili a superare sconforto e senso di solitudine.
Mi sento in dovere quindi di ringraziare il Signore e di continuare a svolgere il mio servizio con impegno pur nella fragilità della mia umanità.
Lunedì 28 tornerò sull’argomento. Intanto ditemi una preghiera e datemi un forte abbraccio (via mail perché l’epidemia è ancora in agguato).