Può darsi che tutto dipenda dal numero cospicuo di medaglie realizzate dagli azzurri alle Olimpiadi o della vittoria dell’ Italia all’Europeo o delle affermazioni ciclistiche di Ganna o della vittoria delle squadre di pallavolo o dei risultati dei nostri atleti nel tennis ma mai come oggi sto incontrando difficoltà a gestire il catechismo…
La scuola non ha problemi perché se un ragazzo che rientra nell’obbligo scolastico non frequenta arrivano a casa i carabinieri. Per il catechismo invece, che pure è scuola, tutte le scuse sono buone per non frequentare.
Oggi, come scrivevo sopra, c’è una parolina che affascina i genitori e impedisce ai ragazzi un percorso serio di formazione cristiana.
La parola magica è “competizione“!
“Il bimbo ( o la bimba ) fa nuototennisdanzacalcioequitazionepattinaggio a livello di competizione e quindi non può venire al catechismo perché ha l’allenamento e il mister altrimenti lo/la esclude“.
Le mie (pacate) osservazioni e cioè che a causa dell’ epidemia non ho la possibilità di avere aule e maestre disponibili come negli anni precedenti e quindi sono costretto a razionalizzare tempi e luoghi non valgono a niente!
Avverto un certo sconforto perché i ragazzi fin da piccoli devono aver ben chiaro che l’unico che vince sempre la medaglia d’oro è il Signore e che la competizione rischia di farci diventare crudeli con il prossimo. E al catechismo si impara a mettere il Signore al primo posto e a vivere da fratelli e sorelle senza competizioni di sorta.
Senza contare che queste scelte dei genitori li priveranno dei momenti più belli della loro fanciullezza.
Sbaglio?