Recitar cantando

Ha calcato palcoscenisci di fama internazionale, ha collaborato con importanti direttori d’orchestra e registi: la cantante lirica Serena Farnocchia ha al suo attivo una brillante carriera che la porta nei teatri di tutto il mondo dove è richiesta in produzioni di alto livello per interpretare ruoli primari. Con stile garbato e semplice la soprano descrive le tappe del suo successo, frutto di tanto studio e impegno. Da Camaiore, giovanissima, si è distinta in concorsi e selezioni in Italia e all’estero che hanno messo in risalto il suo talento. Fondamentali nel suo percorso, il suo storico maestro Mastromei e suo marito, Paolo Raffo, pianista, che cura la sua preparazione musicale.

‘Le nozze di Figaro’ (Contessa d’Almaviva)

di Silvia Cecchi

Estate in Oceania per la soprano Serena Farnocchia prima in Nuova Zelanda a Auckland per “Manon Lescaut” di Puccini e poi al Teatro dell’opera di Sidney in Australia per il “Requiem” di Verdi. La cantante di origine versiliese, apprezzata interprete a livello mondiale, è abituata a raggiungere ogni continente per rivestire ruoli principali in importanti produzioni. La sua carriera è densa di esperienze e riconoscimenti, tuttavia ogni rappresentazione è unica, come lei stessa spiega: “È sempre una prima: la lirica è uno spettacolo dal vivo, senza microfono, in cui bisogna instaurare un feeling con gli spettatori e raggiungere con la voce anche gli spalti più distanti. Non è semplice mettersi davanti a un pubblico di quattromila persone. C’è un grande studio di preparazione e un allenamento quotidiano sia vocale che fisico. Non si finisce mai di mettersi alla prova”.

Solo negli ultimi mesi Farnocchia ha rivestito il ruolo di Elisabetta di Valois nel “Don Carlo” che ha aperto il Festival Verdi al Teatro Regio di Parma, Mimì nella “Bohème” alla Bayerische Staatsoper München e Desdemona in “Otello” al New National Theatre di Tokyo, dove nell’aprile scorso si è recata per l’undicesima volta. “La medesima opera non è mai la stessa”, dice la cantante. “L’allestimento è sempre diverso: si va dalla rappresentazione di stile tradizionale a quella di genere contemporaneo. I registi, i costumisti, le scenografie sono ogni volta differenti. In generale preferisco costumi e allestimenti d’epoca, perché rispecchiano più fedelmente le descrizioni contenute nei testi, ma mi sono trovata in più occasioni a rivestire ruoli in jeans e scarpe da ginnastica; ho interpretato una Tosca ambientata nella seconda guerra mondiale”. Le chiediamo di descriverci l’apparato che è necessario per una rappresentazione di questo livello. “Tra coro, orchestra e solisti in scena si contano un centinaio di persone, che è una minima parte rispetto al complesso di operatori totali, tra cui macchinisti, sarte, parrucchieri. In pratica è una mini città. Lo spettacolo è il risultato del lavoro di tante persone, una sorta di grande ingranaggio dove tutto deve funzionare perfettamente. Generalmente si prova per un mese, proprio perché lo spettacolo diventi fluido. Dobbiamo avere padronanza della musica, delle parole, seguire il direttore d’orchestra, muoverci in scena. Non abbiamo lo spartito davanti”.

‘La battaglia di Legnano’ (Lida)

D’altra parte si tratta di teatro in musica: il cantante lirico è un attore che recita la propria parte cantando. “Occorre molta attenzione per far arrivare al pubblico ciò che il compositore intendeva trasmettere. Noi siamo dei comunicatori. Quando sono sul palco, non c’è più Serena, c’è il personaggio. Ogni volta divento un’altra, ma al tempo stesso in ciascuno di questi c’è qualcosa di me, gli do il mio corpo, la mia mimica. A livello psicologico è molto impegnativo”.

Le domandiamo se c’è un teatro e un’opera ai quali si sente particolarmente legata. “Direi il teatro di Santa Fe negli Stati Uniti in Nuovo Messico. Come voce ritengo di essere particolarmente predisposta per il repertorio di Verdi e di Puccini. Il primo è raffinato e costruito, il secondo emoziona molto e arriva bene anche a chi non è particolarmente esperto di questo genere di arte. Non c’è un’opera che preferisco, ma posso portare l’esempio di “Butterfly”, che dà molta soddisfazione ed è davvero impegnativa. La protagonista Cio Cio-san è sempre in scena. Per tre ore bisogna rimanere nel ruolo. Il personaggio, infatti, non è tale solo mentre canta”.

L’artista è legata a Puccini perché fa parte della sua storia fin da bambina. Serena Farnocchia è nata nel ’73 ed è originaria di Camaiore. Da piccola faceva parte del coro delle voci bianche della parrocchia, curato dal musicologo don Angelo Bevilacqua, che, fra i vari incarichi, era docente al conservatorio Boccherini di Lucca. Il gruppo si esercitava due volte alla settimana per il Festival Pucciniano, intervenendo nelle opere in calendario dove c’è la presenza delle voci bianche. “Da bambina mi piaceva stare in palcoscenico, vedere il direttore d’orchestra, far parte dello spettacolo – ricorda la soprano –. Mi sembrava che l’applauso del pubblico fosse anche merito nostro. Non avvertivo il sacrificio di dover stare fino a tardi in teatro. Eravamo lì senza i genitori. Ci seguiva il responsabile del coro”.

Proprio in considerazione dell’interesse per la musica e delle qualità manifestate dalla piccola Serena, i genitori presero contatto con un insegnante di canto perché la ascoltasse ed esprimesse un parere tecnico sulle sue potenzialità. La valutazione dell’esperto non fu pienamente lusinghiera. Suo padre e sua madre restarono interdetti e non sapevano più se continuare a farla studiare o meno. Risale a quel periodo il bell’incontro con il maestro Gian Piero Mastromei, cantante lirico di fama internazionale, che era originario a sua volta di Camaiore. Il maestro, che è deceduto nel 2016, è stato un vero e proprio padre artistico per la cantante, che lo ha ripagato di grandi soddisfazioni. Mastromei, classe 1932, si è esibito sui più importanti palcoscenici del mondo. Dopo gli studi giovanili, fu selezionato per entrare nella Scuola superiore di arte lirica per solisti del celebre Teatro di Colón di Buenos Aires e ha portato avanti una brillante carriera come baritono, al termine della quale si è dedicato all’insegnamento.

La famiglia Farnocchia si rivolse a lui in occasione di una manifestazione a Camaiore alla quale aveva preso parte anche il maestro e gli chiese un’audizione per la figlia. “Ce l’avete a casa un pianoforte?”, fu la sua risposta. L’incontro si tenne così nell’abitazione della stessa Serena e, terminato l’ascolto, Mastromei fu molto chiaro: “Se fosse mia figlia, io la farei studiare”. Gli chiesero quindi se era disponibile e lui accettò: da quel momento l’ha sempre seguita senza volere alcun compenso, chiedendo solo che, se fosse arrivata al successo, si ricordasse di lui.

Il giorno del matrimonio celebrato da don Piero

Con Mastromei Serena ha studiato canto, pianoforte e solfeggio, sostenendo i relativi esami in vari istituti di conservatorio. Nel frattempo lavorava in un calzaturificio, finché nel giro di pochi anni ha potuto intraprendere professionalmente la strada della lirica.

Ha superato vari concorsi in tutta Europa e nel 1995 ha vinto la prestigiosa selezione “Luciano Pavarotti” di Philadephia. “Quando si fa qualcosa che piace non si sente neanche lo stress”, commenta la soprano. “Ai concorsi di solito provavo un’ansia positiva: è un’occasione di confronto con i colleghi e di incontro con direttori artistici dei teatri e agenti teatrali che cercano giovani talenti”.

È stata poi selezionata per l’accesso all’Accademia del teatro della Scala, che ha frequentato nel biennio ’97/’98, istituto internazionale dove in quella circostanza vennero scelti complessivamente tredici allievi di paesi diversi. La decisione definitiva spettava al maestro Riccardo Muti che era presidente dell’Accademia e direttore musicale della Scala. Sotto la sua direzione, al termine del percorso, Serena Farnocchia ha debuttato sul palcoscenico scaligero interpretando il ruolo di Donna Anna nel “Don Giovanni”.

Essendo un’accademia così ristretta, ogni giorno di studio è come un mini esame. È stata un’importante occasione di crescita anche personale. Avevo una borsa di studio, ma dovevo cavarmela da sola. Per due anni ho vissuto nel capoluogo lombardo, condividendo un appartamento con altri cantanti”. A quel periodo risale l’incontro con Paolo Raffo, con cui si sono sposati nel 2000. In accademia lui frequentava il corso per pianisti. Attualmente è docente dell’istituto di musica classica della Civica Scuola Claudio Abbado di Milano. In particolare è pianista di accompagnamento e cura l’insegnamento dei cantanti, oltre a tenere concerti. Paolo e Serena sono genitori di Matilde, di undici anni, che studia violino al conservatorio di Milano e va a scuola. “Quando è nata Matilde, Paolo ha rallentato un po’ con il proprio lavoro per essere più presente in famiglia e agevolare la mia carriera. È stato eccezionale. Gli sono grata di questo”, dice Serena. “Non è facile che un uomo metta in secondo piano la propria carriera per seguire la moglie. Parte del mio successo è dovuto anche a mio marito. Lui da sempre cura la mia preparazione musicale, studiamo insieme. È stato un lavoro di squadra”.

Nel corso della sua attività, Farnocchia ha preso parte a importanti produzioni interpretando ruoli primari, di cui portiamo solo alcuni esempi: Mimì nella Bohème, Amelia nel Simon Boccanegra, il ruolo del titolo nella Luisa Miller e in Manon Lescaut, Alice nel Falstaff, Liù nella Turandot, Adalgisa nella Norma, Cio Cio-san nella Butterfly, Desdemona nell’Otello, Donna Anna nel Don Giovanni, Elettra nell’Idomeneo di Mozart, Elisabetta nel Don Carlo.

Fra i palcoscenici dove si è esibita: Teatro dell’Opera di Roma, Teatro alla Scala, Festival Pucciniano di Torre del Lago, Santa Fe Opera Festival, Lyric Opera di Chicago, La Fenice di Venezia, Canadian Opera Company di Toronto, Bayerische Staatsoper di Monaco, Maggio Musicale Fiorentino, Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro Regio di Torino, Teatro Regio di Parma, Suntory Hall di Tokyo, San Francisco Opera.

La soprano ha collaborato con importanti direttori d’orchestra, fra i quali Roberto Abbado, Bruno Bartoletti, Asher Fisch, Antonino Fogliani, Vladimir Jurowski, Fabio Luisi, Nicola Luisotti, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Gianandrea Noseda, Daniel Oren, Daniele Rustioni, Giuseppe Sinopoli, Pinchas Steinberg, Alberto Zedda.

Serena, Paolo e Matilde

Per me le vacanze sono quelle che trascorro a casa”, dice la cantante. “Non è semplice stare tanti mesi lontano dalla propria famiglia. Quando sono via per lavoro la cosa più difficile da affrontare è il momento in cui torno nelle mie stanze e sono sola. Finché Matilde era piccola è venuta con noi, poi con la scuola le cose sono necessariamente cambiate, anche se gli insegnanti sono stati sempre molto comprensivi e ci sono venuti incontro. Per la nostra situazione poi è fondamentale l’aiuto che ci danno i nonni. Alcune volte mio marito e mia figlia mi hanno raggiunta all’estero e poi per fortuna c’è Skype, almeno ci possiamo vedere anche da lontano”.

I cantanti professionisti sono free-lance e vengono scelti singolarmente per le varie rappresentazioni. “Capita di trovarsi con persone con cui si è già lavorato, in questi casi facciamo gruppo e sopportiamo un po’ meglio la mancanza dei propri cari, ma comunque non si tratta di viaggi-vacanze”.

Studiare musica fa bene: apre la mente e aiuta nell’apprendimento di altre materie. In un paese come l’Italia, dove è nato il bel canto, la musica dovrebbe essere fatta seriamente a scuola, al pari di storia dell’arte. I ragazzi dovrebbero capire davvero cos’è, imparare accuratamente a leggerla e anche come potersi divertire con la stessa. A prescindere dal fatto che una persona la usi o meno professionalmente, è un arricchimento importante”.

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