di DON PIERO MALVALDI
Non passa giorno senza un riferimento mediale alla famosa teoria del sociologo polacco Zygmunt Bauman per cui la modernità, includendo con questo termine la società, la politica, la famiglia ecc., è “liquida”, instabile, in perenne movimento.
Con questo aggettivo, decisamente fortunato, l’autore voleva dire che in questo particolare momento storico mancano punti di riferimento ideologici precisi, vige una perenne incertezza politica, le relazioni interpersonali sono a tempo, si registra una diffusa precarietà economica nonostante i ritmi di vita professionale frenetici per cui è ipotizzabile, a breve, una disintegrazione dei valori sui quali è edificata la nostra civiltà occidentale. Riconosce, per fortuna, un “principio speranza” cioè la possibilità di un recupero, grazie all’impegno di persone intelligenti e sensibili.
Può darsi allora che anche la Chiesa, intendendo in questo contesto la comunità ecclesiale, sia “liquida”?
Con questo editoriale proverò a rispondere, non prima però di riferire un gustoso accadimento “liquido” dei miei anni giovanili assai utile – come esempio – per focalizzare la situazione ecclesiale corrente.
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