Sabato scorso, al catechismo, ho spiegato certe tradizioni fortemarmine relative alla settimana santa. Fra questa quella del palmizio destinato ai bambini nell’occasione della Domenica delle Palme.
E Domenica, sul sagrato della chiesa, senza che io ne sapessi niente sono stati offerti proprio degli esemplari di palmizio. Non essendo al corrente di di questa iniziativa non sono stato nemmeno a pubblicizzarla: veramente avrei dovuto capirlo dal momento che mi hanno fatto dono di un bel palmizio con i colori della povera nazione Ucraina ma dal momento che nei giorni precedenti me ne avevano donato un altro creato, dalla stessa mano (la maestra Poggi), ho pensato che fosse anche quello un dono della stessa persona.
Quando poi, alla fine della mattinata, sono uscito fuori e ho visto il banchetto con gli incaricati della vendita tristi e abbattuti per non essere riusciti a venderne se non pochissimi, sono rimasto male… Allora ho rimediato invitando gli stessi amici a tornare Domenica nell’occasione della festa delle Palme.
Ecco allora una breve spiegazione sulla storia del palmizio per aiutarvi a capire l’importanza di questa bella tradizione. Io l’ho scoperta venendo al Forte quando vedevo i piccoli sbaciucchiare uno stecco fiorito… Riporto quando scritto nel foglio di presentazione offerto ai genitori all’atto della consegna del palmizio.
“Una delle più antiche tradizioni della Versilia è quella di preparare i palmizi per la Domenica delle Palme. Era un atto di amore per i più mpiccoli soprattutto quando la vita del paese era più semplice.
Per realizzarli Occorrono pazienza, abilità, materiali semplici e molta fantasia. Fino agli anni ’50/’60 al centro del palmizio veniva posto un Bambinello di zucchero che i bimbi “leccavano” compiaciuti subito dopo la benedizione. Il palmizio poi, insieme al rametto d’ulivo, veniva conservato in casa perché benedetto e poi bruciato l’anno successivo.
Questa tradizione di cui si perdono le origini tra le pieghe del tempo, vive tuttora tra le colline versiliesi e la marina”