501. IN CAMMINO – discernimento

La parola, con l’avvento alla Cattedra di Pietro di Papa Francesco, è diventata di uso comune. Se ne parla e se ne scrive ovunque (nell’ambito della realtà ecclesiale) a proposito e … a sproposito!

Senza fare lungaggini e senza scadere nella polemica vorrei, con questa breve nota, accennare all’argomento riservandomi poi, in un secondo momento, di tornarci sopra.

Fra voi lettori ci sono alcuni che già seguono questo metodo anche se in modo inconsapevole: mi riferisco ad esempio agli amici della Parola di Vita (che sto trascurando…) che sono soliti, attraverso la lettura della Parola di Vita e gli scritti di Chiara Lubich, verificare le proprie scelte di vita attraverso la revisione … di vita comunitaria (e scusate la ripetizione… vita, vita, vita).

Di cosa si tratta, in poche parole.

Può capitare, ed è facilmente sperimentabile, che il male l’apparenza del bene.

Dal momento che, lì per lì, questa apparenza ci suggestiona è necessario prendere tempo nell’attesa che la suggestione scompaia o quanto meno perda forza.

Scendere ai dettagli o agli esempi non è facile ma nemmeno toppo difficile. A chi non è mai capitato d’essere rimasto “abbagliato” da un flash – una persona, un pensiero, un comportamento ecc. – che si è poi rivelato sbagliato…

Prendere tempo significa ragionare, pregare, mantenere senso della misura, umiltà, confronto con un maestro di spirito (che potrebbe essere anche un sacerdote o un amico vero) in modo da poter discernere cioè capire/valutare se è una “luce” che illumina il cammino o un flash che abbaglia e ci fa precipitare in un dirupo.

 

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