561. IN CAMMINO – a proposito della gatta

Con tutti i problemi di questi giorni infuocati – ve li risparmio ma vi assicuro che sono davvero stressato – ho bisogno anch’io di rilassarmi un attimo.

Scrivere mi aiuta. Il più delle volte – come oggi, ad esempio – sono delle banalità ma anche le banalità possono essere d’aiuto. Se non altro riescono a strappare un sorriso sia a me che a voi, cari lettori.

Questa mattina avrei voluto scrivere qualcosa suo così detti “ministeri istituiti” ma poi ci ho ripensato: ero troppo stanco e depresso!

Ero corso subito dopo la Messa a visitare a un ammalato;

avevo litigato (per l’ennesima volta) con gli zingari che invece di venire alla porta della canonica per chiedere un aiuto suonano alla porta della sacrestia e infastidiscono i fedeli che pregano;

ero ripartito di gran carriera per la visita amministrativa a Ripa, Strettoia e Vallecchia (si trattava di timbrare i registri parrocchiali);

rientrato in canonica avevo trovato i miei animaletti, nell’ordine:

1) il piccione con le zampette rovesciate (morto) nella gabbia,

2) la Carlotta (figlia di Bubi) dolente e languente perché il veterinario le aveva tolto ben due denti;

3) la Lola, terrorizzata dal doloroso evento subìto dalla Carlotta, nascosta sotto il divano…

L’unica creatura che se ne stava tranquilla era la “micia” Gioia, alias “miao”, che pasteggiava avidamente con delle crocchette e sembrava mi dicesse: “Fanno un sacco di storie quelle due…” “Fammi mangiare che è meglio”.

Eccola, quella birbante.

 

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