COMUNICAZIONE IMPORTANTE

Monsignor Arcivescovo ha inviato una importante lettera a noi sacerdoti e diaconi della Versilia in merito alla preparazione e allo svolgimento dei sacramenti. Ha notato infatti una notevole differenza fra le varie parrocchie e ci invita ad agire in modo più uniforme.

La lettera riguarda soprattutto noi sacerdoti ma può essere utile anche per voi del consiglio pastorale vicariale, che condividete l’impegno a favore dell’evangelizzazione delle nostre comunità.

Qui di seguito la lettera.

ARCIDIOCESI  di  PISA

L’Arcivescovo

Ai Presbiteri e ai Diaconi permanenti del Vicariato della Versilia

Pisa, 25 giugno 2018       Prot. 38 v 18

Carissimi, sento il bisogno di affrontare con tutti voi, con una certa sofferenza, ma anche con la certezza che ciascuno, nessuno escluso, vuole bene alla Chiesa, il disagio che si sta trascinando da tempo in Versilia, circa la prassi pastorale nella celebrazione dei Sacramenti.

Molto più spesso che in altre zone della diocesi, sia da parte di sacerdoti che da parte di fedeli, mi giungono rilievi e proteste per la disomogeneità con cui si preparano e si celebrano sacramenti e sacramentali; una disomogeneità che favorisce “fughe” da una parrocchia all’altra e ingenera giudizi non condivisibili su sacerdoti che la gente classifica e divide in buoni e cattivi a seconda della acquiescenza più o meno superficiale con cui si dà o non si dà risposta alle richieste dei fedeli, così come essi le presentano.

L’immagine che ne risulta è quella della mancanza della comunione tra noi preti; della assenza di direttive pastorali diocesane; di possibilità di bypassare norme e regole della Chiesa a seconda dei pastori ai quali ci si rivolge: insomma di una vita ecclesiale “fai da te” che abiliterebbe a qualsiasi soluzione, quasi sempre di basso profilo pastorale e comunque non capace di far crescere il senso di appartenenza alla stessa Chiesa e allo stesso Popolo di Dio.

In occasione del nostro incontro alla Rocca di Pietrasanta il 13 aprile scorso, a proposito di quanto sopra, credo di essere stato molto chiaro. Visto però che le cose continuano ad andare in maniera disarmonica, ritengo opportuno richiamare le scelte che abbiamo fatto tutti insieme in questi anni e che sono contenute nelle Note Pastorali con regole che tutti siamo tenuti ad osservare.

La parrocchia non può essere ridotta solo a “erogatrice” di servizi acquistabili come se fosse una specie di supermercato. La Parrocchia deve diventare, se ancora non lo è, il luogo familiare in cui è possibile vivere una vera comunione tra fratelli; dove ci si conosce e si cammina insieme; dove il sacerdote, vero padre di famiglia, fa da guida in nome di Gesù, e quando occorra fa pure da cerniera tra sensibilità diverse, con l’impegno a unire insieme le diversità, aiutando tutti a mettersi in ascolto della Parola del Signore e dell’insegnamento della Chiesa. Ciò esige da tutti noi una grande pazienza con chi ci viene a chiedere, a volte malamente, perfino l’impossibile; ma ci chiede pure di essere tra noi, ministri ordinati, capaci di vera comunione attraverso una comunicazione schietta, rispettosa e fraternamente chiara, in modo che non si aprano “scappatoie” rispetto a richieste che stridono con le norme pastorali che come Chiesa pisana ci siamo date.

Credo perciò opportuno ricordare che ogni celebrazione sacramentale deve essere preparata secondo le norme delle Note Pastorali pubblicate in questi anni a proposito di battesimi dei bambini, di cresime dei ragazzi e degli adulti e di celebrazione del matrimonio, rispettando prima di tutto l’appartenenza parrocchiale di chi chiede il sacramento e la necessaria partecipazione alla catechesi prevista. Ciò vale per i genitori che chiedono il battesimo per i loro figli; per i bambini per i quali viene chiesta l’ammissione alla Messa di prima Comunione; per i ragazzi che celebrano il sacramento della Confermazione, come per gli adulti per i quali sono indicati anche il numero minimo di incontri con i temi da trattare (cfr. Nota Pastorale sulla preparazione dei nubendi  al matrimonio). La stessa cosa vale per la preparazione al matrimonio.

Di norma ciascuno è tenuto a partecipare alla catechesi nella propria parrocchia, o ai percorsi che si svolgono a livello di Unità pastorale o di Vicariato (in particolare per i matrimoni). Nel caso che si presentassero problemi particolari che rendono difficile la partecipazione ai percorsi di catechesi nella propria parrocchia, è necessario che l’accesso ad un’altra parrocchia venga concordato caso per caso tra i parroci interessati. Non si dica che questo è fiscalismo: si tratta di quel minimo di rispetto della comunione e della fraternità che se vale nelle cose di questo mondo, tanto più deve essere tutelato nel contesto ecclesiale.

Non sono mancate situazioni nelle quali qualche fedele sia stato trattato con sufficienza o poca cortesia dal proprio parroco, come non sono mancate occasioni di pretese assurde da parte dei fedeli che hanno rifiutato a priori quanto il parroco cercava di far capire per essere rispettosi dei contenuti stessi dei sacramenti che venivano richiesti. Spesso, questi conflitti sono rimbalzati fino al sottoscritto ed ho sempre cercato, con i fedeli, di difendere il parroco anche in situazioni al limite dell’indifendibile. Tutto però sarebbe molto più semplice se noi preti parlassimo e agissimo tutti nello stesso modo, cioè secondo le norme diocesane, e se ci consigliassimo a vicenda con spirito di fraterna amicizia.

Vorrei esortare tutti a non guardare solo la “pagliuzza” nell’occhio del fratello, senza vedere ciò che impedisce a noi stessi di guardare con equilibrio e generosa disponibilità!

Sono sicuro che queste mie osservazioni troveranno in ciascuno l’accoglienza fraterna di chi vuol contribuire alla crescita della comunione ecclesiale e con lo stesso spirito di servizio con il quale ve le propongo, esortandovi a condividerle anche con i vostri catechisti che spesso si trovano in mezzo a situazioni che avviliscono e non di rado li allontanano dal loro servizio.

Mentre vi assicuro della mia preghiera, anch’io mi affido alla vostra, con l’augurio cordiale di ogni bene nel Signore per ciascuno di voi e per ognuna delle vostre comunità.

+ Giovanni Paolo Benotto, arcivescovo

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