Corona Virus 60

La vicenda della giovane Silvia Romano rientrata dalla prigionia convertita alla religione islamica è sbattuta in prima pagina su tutti i giornali. Chi dice una cosa e chi un’altra. Tutti con molta foga. Ovviamente non voglio entrare sull’argomento specifico. Voglio soltanto raccontarvi la conversione di un islamico che ho conosciuto anni indietro e che adesso svolge una intensa attività professionale in Italia.

Premetto che, all’epoca, ero un giovane sacerdote, poco disposto all’ascolto e assai saccente… Dunque l’incontro con il giovane iraniano avvenne presso la famiglia V. in via San Zeno a Pisa. Ospite a pranzo conobbi questo giovane universitario iraniano, un tipo sveglio e molto intelligente.Erano gli anni di Komeini e il discorso inevitabilmente andò a finire sull’Iran. Capii a un certo punto che che il giovanotto era un cristiano convertito dall’Islam e così mi misi a fargli un sacco di domande mettendolo in seria difficoltà e rimediando (ci ho pensato molto, dopo) una figura davvero pessima. Ma, si sa, ero giovane e come ho già detto ero troppo loquace.

Intanto gli chiesi come avesse conosciuto il Vangelo e la figura di Gesù. Mi rispose che in Iran ci sono delle ottime scuole gestite da Comunità religiose Occidentali che accolgono studenti di ogni professione religiosa. Lui aveva studiato in una scuola retta dai padri Salesiani e quindi, in quell’ambiente, anche se ufficialmente di religione cristiana non se ne parlava non gli era stato difficile informarsi.

Allora passai a chiedergli come aveva maturato la sua decisione di passare alla religione cristiana. Lui mi spiegò che era stato attratto dal personaggio, da Gesù, mite, innocente, e dalla profonda spiritualità dei professori “cristiani” che passavano lunghe ore in chiesa davanti al tabernacolo. A questo punto mi aggiunse d’essersi sentito attratto quasi da una “persona vivente” che lo invitava alla preghiera. E così, pian piano aveva iniziato a leggere e a conoscere la religione cristiana.

Non aveva avuto il coraggio di dirlo a nessuno di questa sua attrazione perché avendo già il consenso delle autorità per recarsi all’estero e proseguire gli studi temeva gli fosse revocato.

Giunto in Italia si era unito a un gruppo universitario di studenti cattolici, aveva iniziato a frequentare il catechismo e dopo sette mesi aveva ricevuto il Battesimo, la Cresima e la Comunione e finalmente si sentiva felice anche se non aveva rivelato a nessuno, nemmeno ai suoi familiari, questa sua conversione dall’Islam al Cristianesimo.

Fu questo punto che, stupidamente, gli chiesi:”Perché adesso non ritorna in Iran?” Il giovanotto cominciò a balbettare e poi con un filo di voce mi disse:” Non posso, ne andrebbe della mia vita e della vita dei miei cari … e adesso se non le dispiace mi lasci mangiare “. Mi profusi in un sacco di scuse ma ormai il danno era stato fatto. Il giovane si chiuse a riccio e non parlò più per tutta la durata del pranzo.

Il padrone di casa, dopo e in privato, mi spiegò che il giovane studente era terrorizzato all’idea che qualcuno, fuori dal suo gruppo di amici, sapesse della sua conversione e ne facesse parola. Temeva di essere costretto a rientrare e a ritrattare pena la perdita della libertà e peggio.

Avevo fatto davvero una pessima figura. Al contempo avevo capito che, incerti paesi, chi si converte dall’Islam al Cristianesimo deve mettere in conto il “martirio”.

 

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