LA CARITÀ OLTRE LA SOLIDARIETÀ

Cottolengo ospiti

Prendersi cura della persona bisognosa e affermare il valore sacro della vita umana, condividendo uno spirito di famiglia, è lo scopo della Piccola Casa della Divina Provvidenza, fondata da san Giuseppe Benedetto Cottolengo.

La struttura di Pisa accoglie adulti con disabilità e anziani non autosufficienti. In più gestisce con la Caritas la mensa per i poveri.

La sua missione va oltre la filantropia, perché riconosce nel prossimo il volto di Cristo e si adopera affinché il sofferente recuperi la sua dignità di uomo e di figlio di Dio.

DI SILVIA CECCHI

 “Vediamo chi ci serve con buona volontà e questo ci infonde grande coraggio. Allo stesso tempo, se in questa vita siamo sacrificati, abbiamo la speranza che un giorno non soffriremo”.

Danilo Rosi, originario di Gambassi Terme, da sessantadue anni vive nella Piccola Casa della Divina Provvidenza di Pisa, chiamata anche Cottolengo. Vi è entrato nel 1953, quando aveva vent’anni, a causa di deficit fisici che purtroppo lo hanno condizionato dalla nascita. Essendo un ospite storico della casa, ha assistito ai cambiamenti e ai progressi che nel corso del tempo sono stati messi in atto per dare migliore conforto a coloro che vi risiedono.

1 ROSI DANILO“Noi vecchi cottolenghini – racconta – all’inizio stavamo in stanzoni di sedici letti, ora è molto tempo che ho la camera singola. Gli operatori vengono tanto incontro alle nostre esigenze. Conversiamo, ci portano in pellegrinaggio, ci accompagnano al cinema e ad altre manifestazioni. In preparazione alle feste religiose facciamo catechesi e abbiamo occasione di condividere alcuni pranzi con le stesse operatrici della struttura, così come con i nostri parenti”.

Gli chiediamo come riesce ad essere sereno e a parlarci di queste cose senza scivolare nella malinconia, che spesso ci coglie per ragioni meno gravi:“La tristezza prende a tutti, – risponde – mi do forza più che posso per stare allegro. Vedere come il personale si adopera per noi mi infonde coraggio”. Tuttavia non nega che sia stato difficile convivere con la sua condizione e riuscire a conquistare la serenità con cui oggi ci parla: “Gli anni peggiori sono stati quelli della gioventù. I miei compagni lavoravano, andavano a divertirsi. Io mi sentivo umiliato: in questi casi il pane si mangia alle spalle degli altri e non ci si può svagare. Oggi che ho più di ottant’anni mi rendo conto che le differenze assottigliano. Molti si sono purtroppo trovati a fare esperienza della sofferenza, ma abbiamo la speranza di stare meglio un domani”.

Abbiamo incontrato il signor Rosi alla fine del nostro “viaggio” nella casa pisana, ma la sua testimonianza ovviamente è balzata all’inizio del nostro resoconto, perché costituisce l’esperienza viva e vissuta di tale realtà.

La Piccola Casa della Divina Provvidenza fu fondata a Torino da san Giuseppe Benedetto Cottolengo intorno al 1830. In principio l’istituto fu avviato come ricovero e ospedaletto per coloro che venivano rifiutati da altre istituzioni, poi, nonostante gli ostacoli e il contesto storico complesso, si allargò ad ulteriori bisogni quali l’accoglienza di ragazze che necessitavano di istruzione in modo da sottrarle alla strada, la formazione scolastica di bambini svantaggiati, l’assistenza di invalidi civili, ciechi, sordomuti e la cura dei così detti buoni figli, ovvero persone affette da deficit psichici, predilette dal Cottolengo.

ESTERNO DEL COTTOLENGO DI PISA
Esterno della Casa della Divina Provvidenza di Pisa

Ancora oggi l’istituto porta avanti la sua missione che consiste nel prendersi cura della persona povera, malata, abbandonata, particolarmente bisognosa, senza distinzione alcuna, perché in essa viene riconosciuto il volto di Cristo. Il Cottolengo si compone di una serie di opere, tutte rappresentate nella casa madre di Torino. Le succursali, diffuse in Italia e all’estero, offrono ciascuna determinati servizi rispetto alla totalità.

La sede di Pisa è sorta nel 1923 e inizialmente era rivolta per lo più all’accoglienza di persone disabili. Generalmente vi entravano in giovane età e vi rimanevano a tempo indeterminato, così la struttura somigliava a una casa-famiglia in cui gli ospiti sviluppavano un senso di appartenenza rispetto all’ambiente.

Con gli anni e con l’evoluzione delle normative nel settore socio-sanitario il Cottolengo di Pisa ha scelto di configurarsi come Rsa, ovvero residenza sanitaria per anziani non autosufficienti. La scelta è dipesa dal fatto che molti dei suoi ospiti nel frattempo sono invecchiati e che l’andamento della società richiede sempre più assistenza in questo ambito. Ancora oggi nella piccola casa, con specifica autorizzazione, è presenteuna quindicina di adulti disabili,oltre a una quarantina di anziani non autosufficienti. Col tempo la struttura si configureràdunque completamente come Rsa.

Volontari Cottolengo

La piccola casa è un ente civile di carattere privato. Sostiene i propri servizi in maniera autonoma e dunque contempla il pagamento di una retta che ha un certo costo.  Si compone di tre istituti religiosi: suore, sacerdoti e fratelli laici, come voluto dal suo fondatore. Il personale di servizio è interamente laico, articolato tra infermiere, fisioterapiste, animatrici, personale per le pulizie etc.

Tutti sono animati da uno scopo comune: affermare il valore sacro della vita umana, dal suo inizio fino al suo termine naturale; promuovere la dignità di ciascuno nella sua originalità e diversità; prendersi cura della persona nella sua dimensione umana e trascendente; vivere lo spirito di famiglia costruendo relazioni di reciprocità, gratuità, condivisione, fraternità.

“La fede dà molto di più del solo spirito di solidarietà”, dice don Giovanni Morero, direttore della casa di Pisa. “Quanto più ci si ispira a Cristo, tanto più ci si offre gratuitamente. Anche nelle nostre opere c’è il rischio di puntare molto all’efficienza e alla professionalità, trascurando l’aspetto più spirituale che per noi invece è la ragione d’essere. Come disse papa san Giovanni Paolo II, in visita al Cottolengo a Torino nel 1980, se a questa casa venisse a mancare la preghiera cesserebbe di esistere”.

Il sacerdote, che dirige anche la casa di Firenze, sottolinea l’identità tra il povero e Gesù: Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 31-46).Per i membri del Cottolengo questo significa avere concretamente attenzione per la persona e promuovere uno spirito di famiglia dentro la struttura che faccia sentire gli ospiti a casa loro.

Don Morero, originario di un paese di campagna nei dintorni di Torino, ci racconta di aver intrapreso questa strada seguendo il suggerimento del suo parroco, che aveva individuato in lui fin da piccolo i segni di una vocazione al sacerdozio. Senza forzarlo, il prete lo invitò a studiare nel seminario“Tommasini” del Cottolengo,che lui stesso aveva frequentato. Effettivamente col tempo Giovanni maturò la volontà di consacrarsi e di spendersi in particolare per i bisognosi.

“Il contatto con la malattia non mi fa paura”, dice rispondendo a una nostra domanda. “In presenza di una croce il Signore dà sempre un aiuto ugualmente grande e la provvidenza si manifesta in tanti modi”.

Come è scritto nella “Mission”, che descrive gli obiettivi della struttura, elaborata da una commissione apposita nominata dal consiglio direttivo della Piccola Casa nel 2007, san Giuseppe Cottolengo insegna che la divina provvidenza per lo più adopera mezzi umani. Soccorrere gli altri nelle strutture ispirate dal santo non si riduce a un’azione filantropica, poiché il movente è la carità, vocazione di ogni cristiano. Solo in un contesto che offre sicurezza, affetto, sostegno, il sofferente recupera la sua dignità di uomo e di figlio di Dio. Per questo a tutti gli operatori dell’opera viene chiesto di condividere lo spirito fondante.

Fabiana Barsotti con un'ospite della struttura
Fabiana Barsotti con un’ospite della struttura

Fabiana Barsotti è animatrice di comunità della casa di Pisa. La incontriamo perché ci descriva le attività che animano le giornate degli ospiti. Ci spiega, dunque, che nella struttura si cerca di rendere partecipi tutti in base alle proprie possibilità. Vengono favorite conversazioni con gli operatori e fra gli ospiti medesimi, si coinvolgono i residenti nella stesura del periodico “Cottolengo sotto la Torre”, vengono proposti laboratori manuali e cognitivi, si organizzano uscite di vario genere sul territorio.

Quello che più ci colpisce di Fabiana è lo spirito vivace con cui parla delle persone che le sono affidate: “È come se fossero loro a prendersi cura di noi. Si ricordano di tante cose, ci ringraziano, ci chiedono come stiamo. Ognuno di loro ha tanto da raccontare di sé e della propria famiglia”.

L’animatrice di comunità ha avuto una nonna che per un certo tempo è stata in strutture per anziani ed ha fatto quindi esperienza in prima persona di determinate situazioni e stati d’animo. Per questa ragione ancor più ce la mette tutta affinché nell’ambiente dove lavora gli ospiti respirino un senso di famiglia e calore, senza che debbano aspettare la visita dei parenti come unico momento di sollievo.

La casa di Pisa, oltre alla Rsa, gestisce anche la mensa dei poveri insieme alla Caritas. Il Cottolengo fornisce il locale e i pasti quotidiani, con una suora che coordina il servizio. La Caritas mette a disposizione i volontari e provvede a selezionare le persone che hanno accesso alla mensa.

Con la struttura collaborano, poi, i Cavalieri di Malta, l’Unitalsi, l’Associazione volontariato cottolenghino.

Persone di buona volontà sono sempre ben accolte. Chi se la sente, può prendere un impegno settimanale per attività di animazione, per aiutare nella somministrazione dei pasti, per la guida dei mezzi e l’accompagnamento degli ospiti all’esterno.

“Nella Piccola Casa tutti, in salute e non, possono scoprire una dimensione più alta alla propria storia, oltre i limiti che la caratterizzano e la condizionano”, è scritto nella Mission. “È importante vivere lo spirito di condivisione, coltivare relazioni di reciproco sostegno, nonché la capacità di amare e la sensibilità per i valori più profondi”.

Novembre 2015

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