UN TUFFO NELLA STORIA DI FORTE DEI MARMI

Appartiene a una famiglia di tradizioni marinare passata dal lavoro coi bastimenti per il commercio del marmo alla proprietà di uno stabilimento balneare; costruisce a mano barche in legno e il suo cuore batte sempre per le origini del paese. La vita di Livio Maggi rispecchia i cambiamenti di Forte dei Marmi, paese un tempo legato al mare e alla roccia pregiata fino all’affermazione turistica per le sue qualità di località balneare.

di Silvia Cecchi

Bisogna saper usare tutti gli attrezzi, dalla pialla allo scalpello, dal martello all’ascia, per costruire a mano una barca in legno. Occorre intendersi di meccanica, di falegnameria ed è necessario lavorare sodo per varare un’imbarcazione da diporto che richiede un anno di opera.

Livio Maggi ne sa qualcosa perché di barche, nel tempo libero dagli impegni di lavoro e di famiglia, ne ha costruite quattro nell’arco della vita. Per rispettare la volontà del padre non lo ha fatto di professione, ma avrebbe tanto desiderato fare il costruttore di mestiere nei cantieri di Viareggio.

Maggi appartiene a una delle famiglie storiche di Forte dei Marmi, che possiede uno stabilimento balneare, il Royal, anch’esso di antica data. Fu acquistato da suo nonno Livio, suo omonimo, che lo rilevò da un privato nel 1928. A quel tempo Forte dei Marmi non era quello di oggi: il paese era piuttosto povero e la sua economia si basava soprattutto sull’estrazione e il commercio del marmo. Il turismo era agli albori e le strutture balneari non rendevano più di tanto, per questo nonno Livio all’inizio degli anni Trenta aveva pensato di rivendere il bagno per acquistare un bastimento, ma alla fine non lo fece. Lo stabilimento cominciò a dare segnali positivi prima della guerra e dal ’48 in poi fu un’ascesa: l’attività balneare della Versilia prese il via fino al boom degli anni Sessanta, che l’hanno fatta diventare famosa.

Il bagno Royal

Nonostante le soddisfazioni di quei tempi, però, il cuore del nipote ha continuato a battere per le origini: Livio ha ereditato, infatti, la passione e l’arte del nonno che possedeva dei bastimenti per il trasporto del marmo ed era “maestro d’ascia”, ovvero costruttore delle medesime imbarcazioni. Lavorava in un capannone del suocero Giannetta sulla destra del pontile.

Da notare, inoltre, che Maggi è parente del comandante Foffa, altra famiglia non a caso di tradizioni marinare: la nonna dell’ufficiale, Adalgisa, infatti, era sorella del nonno di Livio. “In passato – racconta Livio – il tipo di bastimento più utilizzato era il navicello, che poteva portare fino a 120-150 tonnellate di carico. Arrivava a venticinque metri di lunghezza e aveva molta vela, per cui andava veloce. Queste imbarcazioni solitamente raggiungevano la Sicilia e la Sardegna, da cui riportavano sughero”.

A quel tempo – continua – a Forte dei Marmi c’erano solo il mare e il marmo. Per questo tanti ragazzini del paese dopo le elementari si imbarcavano come mozzi. All’inizio svolgevano piccoli servizi: imparavano a cucire i sacchi per il boccaporto, facevano da aiutanti in cucina. Il lavoro era duro, ma si formavano gli uomini: acquisivano responsabilità, serietà, maturavano competenze e piano piano passavano di grado. I viaggi in mare, però, erano densi di rischi e molti giovani purtroppo sono rimasti vittime del lavoro. Tante mamme nel passato hanno raccomandato i loro figli lontani da casa alla nostra Madonna Addolorata.

Un esempio l’ha avuto anche in famiglia: suo suocero Luigi nel 1913 volle imbarcarsi all’età di dodici anni. Colse l’occasione di salire su un bastimento comandato da un fortemarmino e avvertì i genitori solo una volta arrivato a Livorno. Nel tempo è sopravvissuto a due naufragi.

Maggi ha costruito la sua prima barca a ventiquattro anni e l’ha chiamata col nome di sua moglie, Vanda. Aveva un albero, era lunga 3,66 metri e larga 1,42. In occasione del nostro incontro si è messo al tavolino disegnando diversi modelli di imbarcazioni, con tanto di nome specifico in base al numero di alberi e all’armamento.

In seguito ha realizzato tutto da sé un peschereccio, battezzato “Intrepida”, una barca da regata, “Alesì” di 5,50 metri, e un’imbarcazione d’epoca da lavoro armata ‘goletta’ lunga tredici metri. La costruzione di quest’ultima, chiamata “Giannetta” e varata nel 2007, è stata avviata da tutti e tre i fratelli e poi portata a termine da Livio e Valeriano, che ne sono entrambi proprietari. “Le ho realizzate per passione e uso personale, poi ho ricevuto delle richieste d’acquisto. L’unica che teniamo ancora per noi è Giannetta”, spiega. Ma la serie non è finita qui: Maggi sta di nuovo lavorando alla costruzione di un sei metri da regata, che porterà avanti “a Dio piacendo”, dice.

La barca ‘Giannetta’

Livio è nato nel 1933, maggiore dei fratelli Valeriano, del ’36, e Renato, del ’44, che è deceduto improvvisamente all’inizio del 2012. Ha frequentato l’istituto professionale di Seravezza, lo stesso dove si è formato l’ex sindaco Cardini, e poi la scuola tecnica a Massa.

Mentre il padre Athos si occupava dello stabilimento balneare (nei mesi invernali a sua volta costruiva barche da diporto in un altro capannone sulla sinistra del pontile), i figli si sono dedicati ad altre professioni: Renato era insegnante di musica al conservatorio Boccherini di Lucca e organista parrocchiale, Livio e Valeriano lavoravano per il gruppo “Olivetti”. Proprio l’ingegner Adriano Olivetti per un paio di anni, tra il ’51 e nel ’52, trascorse le ferie al bagno Royal. “Soggiornava all’albergo Franceschi – racconta Livio – che era collegato con il nostro stabilimento. In passato, infatti, ogni hotel aveva un proprio bagno di riferimento. Mio padre si interessò per noi e dopo poco, prima mio fratello e poi io, entrammo a lavorare come operai specializzati alla “Sintesi” di Massa, azienda del gruppo addetta ad attrezzature da ufficio. Valeriano, che vi è rimasto per trentacinque anni, ha fatto carriera nell’impresa divenendo caporeparto, io, invece, ho lavorato alla Sintesi per venticinque anni fino alla morte di mio padre. Nel 1981, infatti, lasciai il posto di lavoro per occuparmi dello stabilimento balneare in qualità di legale rappresentante della società”.

Da quel momento Maggi si è preso cura del bagno nell’interesse proprio e dei fratelli, che collaboravano a loro volta alla struttura nel tempo libero dal lavoro, mentre in inverno si dedicava alla pesca, utilizzando la sua “Intrepida”. Nell’occuparsi del Royal, ha sempre tenuto a mente gli insegnamenti di suo padre: “Non bisogna lavorare solo per il lucro. Bisogna creare un rapporto con i clienti come se fossero nostri parenti”. E riferisce che ci sono famiglie che frequentano il bagno dal ’34.

Oggi lo stabilimento è gestito dalle nuove generazioni dei Maggi: “Il nostro vanto – aggiunge – è quello di essere stati sempre uniti. Non sono mancate le discussioni e i punti di vista diversi, ma il nostro rapporto è stato sempre saldo”.

Livio è un uomo di fede profonda. Fin da bambino ha frequentato assiduamente la chiesa e da adulto si è sempre adoperato per la parrocchia, rendendosi disponibile con i priori in carica, don Janni Sabucco prima e don Piero Malvaldi poi. Attualmente è cassiere della stessa parrocchia, un servizio di responsabilità e fiducia: “Forse non ne sono degno – dice – ma sono contento di poter servire la chiesa. Io e i miei fratelli dobbiamo ringraziare i miei genitori per l’insegnamento che ci hanno dato e per il dono della fede che ci hanno lasciato. La famiglia è fondamentale per la trasmissione di certi valori”.

Livio Maggi con la moglie Vanda

Come tutti i vecchi fortemarmini, Maggi è molto legato alla Madonna Addolorata, patrona di Forte dei Marmi: “Quando c’è qualche situazione difficile che riguarda i miei cari vado in chiesa e mi metto davanti alla Madonna affinché ci metta tutti sotto il suo manto. Ogni volta che chiedo protezione, io sento Gesù e Maria vicini. La fede ci protegge e ci assiste. Questo vuol dire credere”.

Livio Maggi tiene molto alla famiglia, arricchita da figli, nipoti e pronipoti. L’ottobre scorso ha festeggiato sessant’anni di matrimonio, più cinque di fidanzamento, con sua moglie Vanda Bartolomei. Da ragazzi si vedevano alla Messa e si sono conosciuti dalle suore canossiane. Da allora non si sono più lasciati.

Settembre 2016

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