di DON PIERO MALVALDI
Anche quest’anno, cogliendo l’opportunità offerta dai colleghi del liceo scientifico cittadino, ho suggerito ai giovani studenti un argomento da approfondire in vista dell’esame di maturità.
Chiedevo se, nel contesto attuale che vede, oltre al resto, pure la ricerca della “verità morale” guidata dall’intelligenza artificiale e da algoritmi matematici, la “direzione spirituale” continuasse ad avere spazio nell’educazione di un giovane.
Dalle risposte o meglio dalle non-risposte mi sono reso conto, con rammarico, che perfino il termine è assolutamente sconosciuto alle nuove generazioni. Ho deciso pertanto di affrontare la questione facendo riferimento, intanto ad alcune pratiche psicofisiche oggi in voga e poi alla mia antica – sfioro ormai i 70 anni, esperienza di giovane.
Giusto questa estate tornando dalla celebrazione festiva nella chiesa estiva di Roma Imperale ho incontrato un mio amico, dottore in scienze motorie, che procedeva a passo svelto in compagnia di un signore straniero che, rosso in volto e madido di sudore, faticava a stargli dietro. Ho accennato a un saluto ma il mio amico ha stentato a rispondermi tanto era concentrato nel seguire il predetto signore che evidentemente era al limite delle proprie forze, infatti gli sussurrava: “Courage, we are arriving”.
Incontrandolo successivamente mi ha spiegato d’essere alle dipendenze di un magnate russo in qualità di “Personal Trainer”: lo segue nei suoi spostamenti d’affari nei vari continenti per aiutarlo a mantenere forma ed efficienza fisica. Mi ha detto che il suo è un servizio professionale ben remunerato ma anche molto delicato perché si tratta di verificare giornalmente le condizioni di salute del cliente e di proporgli un adeguato programma tenendo conto delle stesse. Non solo. Nella sua attività professionale è affiancato anche da uno “Psychologist Trainer” che vigila sugli stati d’animo del cliente, derivanti dalla professione e dagli affetti, e interviene onde evitare un eccessivo affaticamento. Per cui, mi spiegava l’amico, nel caso sorgessero problemi psicologici causati da uno smacco finanziario o affettivo, e lo Psychologist Trainer non desse parere favorevole, egli deve evitare di farsi vedere per qualche giorno o almeno finché il disagio sia stato rimosso!
A questo punto, con la mia fervida fantasia, ho pensato che sarebbe senza dubbio più accattivante propormi ai giovani in qualità di “Spiritual Trainer” piuttosto che “direttore spirituale” e quindi invece che di direzione spirituale voglio scrivere di spiritual training…
E adesso la mia esperienza personale.
Non sarei mai diventato sacerdote se non avessi incontrato sulla mia strada Mons. Antonio Bianchin, uno spiritual trainer veramente straordinario, che mi ha guidato paternamente negli anni giovanili della formazione umana e cristiana per poi orientarmi al sacerdozio. Aveva una personalità forte, è vero, ma non sono stato plagiato! Del resto fui io a cercarlo. Dato che ero assai incerto sul mio futuro decisi, in piena autonomia, di mettermi sotto la sua guida per avere lumi.
Ricordo ancora con piacere il nostro primo incontro con un suo commento, graffiante, alla pagina evangelica dei discepoli di Emmaus. Come pure le lunghe passeggiate, in inverno, nel corso delle quali mi intratteneva quasi fossi un suo amico da sempre. O le gite in barca, in estate, con i colpi di calore…(soffriva molto il caldo). Ricordo l’esempio di vita nel momento in cui ebbe un grave problema di salute con dolori lancinanti che sopportò con estrema dignità senza piangersi addosso.
Così i suoi rimproveri, talvolta aspri ma sempre molto pertinenti con i quali mi educava al dovere dell’obbedienza nei confronti dei Superiori ma anche dell’autorevolezza nei confronti dei sottoposti, doti entrambe assolutamente necessarie per chi, come il sacerdote, parla in nome di Dio. E soprattutto il sorriso nel giorno in cui, appena ordinato sacerdote, mi baciò le mani.
Intendiamoci, don Antonio non era soltanto specialista di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Era specialista di “vocazione cristiana”: prima di tutto infatti aiutava noi giovani a scoprire la bellezza del Vangelo e l’amore di Gesù. Poi aiutava, con competenza, anche a individuare i “talenti” nascosti nella nostra personalità guidandoci di conseguenza nella scelta del tipo di servizio: consacrato, padre di famiglia, insegnante, libero professionista, imprenditore, operaio, sindacalista ecc. Non per niente alcuni dei suoi “ragazzi” sono oggi ai vertici della politica, siedono su cattedre universitarie di prestigio, primari di ospedali nazionali e internazionali come pure semplici operai che hanno fatto della loro professione la strada per la santità!
Veniamo adesso ai nostri tempi.
La prima cosa da dire è che siamo cambiati sia noi sacerdoti che i giovani. In meglio o in peggio non lo so perché ogni tempo appare difficile a chi lo vive: traducendo dal latino medievale (a pagamento, per fare qualche soldino, nei miei anni giovanili) i rescritti dei Vescovi pisani, anticamente Primati di Corsica e di Sardegna, alle comunità delle isole chissà quante volte ho trovato scritto, abbreviato, “ I.T.D. ” che sta per “in temporibus difficillimis”!
Noi sacerdoti o almeno noi anziani, più che cambiati (a parte la diminuzione numerica) siamo rimasti gli stessi, molto ingessati nel nostro ruolo istituzionale, poco inclini alle novità nel gestire il delicato compito di educatori/formatori.
E i giovani?
Ho letto ultimamente, citato da Alessandro D’Avenia, un testo del filosofo Massimo Galimberti assai duro sia nei confronti dei giovani che degli educatori in genere che riporto in sintesi: “(Oggi) i giovani non stanno bene (…) gli manca lo scopo (…) bevono, si drogano, vivono di notte anziché di giorno per non assaporare la loro insignificanza sociale. Nessuno li convoca!”
Pur non essendo al livello dell’illustre cattedratico ritengo che il giudizio sia ingeneroso nei confronti di tanti giovani che invece si impegnano: basti pensare alla mobilitazione mondiale promossa dalla giovane Greta Thumberg a favore della protezione del Pianeta!
Ma quello che più mi ha colpito è l’ultima frase: nessuno li convoca… Ma è proprio vero che nessuno convoca i giovani?
Mi limito ovviamente alle questioni di mia competenza. “La Chiesa – asserisce l’ultimo documento sinodale sui giovani – convoca tutti i giovani, senza eccezione, …per ascoltare e chiedere aiuto oltre che per insegnare ad amare Gesù e vivere l’esperienza della comunità”
E continua specificando i mezzi usati per la convocazione: questionari tradizionali e on-line, proposta di incontri di preghiera, di confronto con il Vangelo, di discernimento in vista della scelta vocazionale, di servizi di volontariato, di aiuto solidale in Italia e all’estero ecc.
Il più delle volte però questa convocazione resta senza risposta almeno per quanto riguarda il primo ambito. Mi spiego. Se i giovani rispondono e rispondono generosamente alla convocazione ecclesiale, per quanto riguarda l’aiuto concreto agli altri restano invece assai freddi (o meglio si allontanano subito) quando si rendono conto che l’intenzione di chi li convoca è di comunicare l’amore per Gesù e di coinvolgerli nella comunità ecclesiale. Qualcuno me lo ha anche scritto: “non voglio essere indottrinato e tanto meno ingabbiato in una struttura che non mi appartiene”!
A questo punto cosa fare?
È evidente dalla risposta di questo giovane peraltro battezzato, comunicato e cresimato, che ha un rapporto personale approssimativo con Gesù e ignora la vita della comunità ecclesiale.
Mi sento allora di suggerire ai nostri giovani la mia scelta di allora e cioè di uscire dal gregge e mettersi a tu per tu con se stessi come davanti a uno specchio.
E poi di scegliersi uno “Spiritual Trainer” capace di aiutarlo a incontrare personalmente Gesù, a gustare la bellezza della sua Parola e a vivere gioiosamente la vita della comunità.
Noi sacerdoti dovremmo invece fare un passo verso il basso riconoscendo, con umiltà, che il successo nell’educazione umana e cristiana di un giovane è anche e soprattutto questione di Grazia.
P.S. Per chi avvertisse il desiderio di uno scambio di idee con un prete (ormai anziano) comunico la mia mail: [email protected]