Il Natale come momento per riscoprire la misericordia di Dio, il presepe quale rappresentazione della salvezza offerta all’umanità: nell’esperienza della geriatra Maria Angela Torsoli la Natività è sempre stata una ricorrenza importante. Il senso di famiglia e l’attenzione alle necessità del prossimo, maturati in casa, hanno favorito il suo interesse a costruire relazioni. Con questo spirito negli ultimi anni ha intrapreso diversi viaggi, a partire dalla scoperta della Terrasanta e di Betlemme.
di SILVIA CECCHI
Il mistero bellissimo dell’incarnazione, la maternità come concetto universale, la natività come momento di salvezza: tutto questo è rappresentato nel presepe, luogo di culto e di speranza per l’umanità. “Tutte le ricorrenze che ci riportano alle origini, anche quelle laiche, ci fanno tornare a noi stessi”, dice la geriatra Maria Angela Torsoli. “Ci inducono a ripensare alle aspettative di quel momento, alle tappe che quella festa ha rappresentato per noi nel tempo. La memoria può comportare una riflessione difficile, sofferta, ma vista attraverso gli occhi della fede costituisce un’occasione importante. Il Natale è la circostanza per ricostruire e andare avanti. Gli eventuali sbagli del passato sono riscattati dalla misericordia di Dio”.
Il Natale, il presepe, Betlemme, la Terrasanta hanno costituito un percorso di vita e di fede per la dottoressa che oggi è impegnata nel sostegno alle persone svantaggiate della Palestina, così come alle esigenze delle comunità di altri paesi con cui è entrata in contatto nel corso di viaggi animati dal suo spirito cristiano. D’altra parte è stato il suo stesso padre spirituale, monsignor Eraldo Tognocchi, biblista di fama e sacerdote molto amato della diocesi di Massa, ad aver visto in questo suo essere viandante, pellegrina un momento di ‘semina’.“Devo a lui tanto del mio interesse a mettermi in viaggio e in relazione con gli altri”, spiega il medico. “La sua sensibilità e intelligenza sono state per me un’opportunità di crescita interiore profonda”.
Fra le realtà che la dottoressa Torsoli segue ci sono il “Caritas Baby Hospital” e l’“Antonianum” di Betlemme. Il primo è l’unico ospedale della Palestina totalmente specializzato in pediatria (le sue origini risalgono al 1952), il secondo è una casa di riposo per anziani e persone sole. Entrambi sono aperti a cittadini di qualunque etnia e confessione religiosa. Il Caritas Baby Hospital è supportato dall’associazione “Aiuto Bambini Betlemme”, con sede in Italia. I sostenitori, tramite diverse forme di raccolta fondi e sensibilizzazione, contribuiscono al funzionamento di questa struttura che ogni anno permette a più di cinquantamila bambini di accedere gratuitamente alle visite ambulatoriali e ai ricoveri di lunga durata. L’ospedale, inoltre, coinvolge e forma le madri nella cura dei bambini.
L’Antonianum è meno conosciuto all’estero e la dottoressa Torsoli è stata invogliata a scoprire la sua realtà nel corso di un viaggio in Terrasanta. L’anzianità, il fine vita, la solitudine sono condizioni con cui è più difficile avere un approccio rispetto all’universo infantile, ma non per chi come lei è specializzato in geriatria. “La persona anziana ha un suo mondo del quale è gelosa e dove occorre entrare in punta di piedi”, spiega il medico. “Il confronto con la terza età richiede gentilezza e delicatezza, può comportare di dover accettare rifiuti e silenzi. La relazione è complessa anche perché l’anziano ha vissuto tempi ed esperienze che il neolaureato non ha minimamente conosciuto”.
La famiglia Torsoli era venuta ad abitare in Versilia molti anni fa per ragioni di salute. Maria Angela dopo un’esperienza alla casa di cura Barbantini di Vireggio, all’indomani del conseguimento della laurea in medicina e chirurgia, si era interessata alla cura della terza età, scegliendo di specializzarsi in geriatria. Le sue competenze e il suo profondo affetto per la famiglia di origine le hanno permesso di seguire al meglio anche la madre nei momenti legati alla malattia degli ultimi anni. Proprio il rapporto di stima, rispetto e amore di cui ha fatto esperienza in casa sono alla base del forte senso di famiglia che la anima tuttora che i suoi genitori non ci sono più.
Fra i ricordi più belli del passato per Maria Angela c’è proprio il periodo del Natale. Sua madre Anna, in particolare, aveva un profondo culto per il mistero dell’incarnazione che, attraverso la rappresentazione del presepe, rispecchiava il suo senso della visione della famiglia. Il presepe è sempre stato presente nella loro abitazione. Ogni anno era bello scoprire come poteva essere proposto, con i materiali più diversi, poveri e artigianali. Per Anna era anche il regalo più gradito, tanto che la figlia volle provare a realizzarlo lei stessa per la madre. Così, a partire dal ‘94, la raffigurazione della Natività in casa Torsoli è andata ad arricchirsi di pezzi costruiti artigianalmente da Maria Angela, finché questi hanno composto interamente il presepe, che nel tempo ha visto l’ingresso di personaggi e ambienti sempre nuovi. “Mio padre mi aveva trasmesso una certa manualità e delle capacità tecniche che mi sono divertita a esprimere nella costruzione delle scene e delle statuine”, ricorda la dottoressa. “Lo stile era quello delle rappresentazioni napoletane, con un senso di vita attiva nella quale veniva alla luce Gesù. Erano raffigurati vari ambienti, i personaggi si muovevano tramite dei piccoli motori che ero andata appunto a cercare a Napoli, c’era l’acqua che scorreva. Fra le statuine erano presenti il seminatore, il falegname, il pastore coraggioso, l’uomo straniero. La Madonna aveva un’espressione di tenerezza senza alcun vincolo razziale. Come mi è capitato di spiegare in passato a un bambino, potevamo immaginare di farci piccoli piccoli ed entrare nel presepe, vivendo quella realtà dove erano raffigurate alcune parabole”.
Il 2010, l’anno della morte della madre, rimasta vedova già da diverso tempo, ha costituito un momento certamente non facile per la figlia. Trascorrere il periodo di Natale a casa sarebbe stato doloroso e questa sofferenza, al tempo stesso, sarebbe stata in contraddizione con la speranza cristiana. Per queste ragioni la dottoressa ha scelto di affrontare la ricorrenza in modo diverso: “Quell’anno ho voluto fare esperienza concreta della possibilità di ‘entrare’ nel presepe, recandomi in Terrasanta. Ero in un luogo nuovo, ma nonostante ciò mi sentivo a casa, perché ero nella casa di Gesù. Chiunque vada in Terrasanta rimane colpito da qualcosa in particolare, perché evidentemente richiama sensazioni sopite o offre delle risposte”. Da quel momento sono scaturite altre esperienze in quei luoghi santi: “Per me Betlemme ha significato fare la scoperta delle persone che vivono in Medio Oriente e delle loro esigenze. Sono tornata più volte là per rincontrarle e per entrare in contatto con realtà locali quali appunto l’Antonianum e il Caritas Baby Hospital”.
La dimensione del viaggio, dunque, per quanto riguarda la dottoressa ha assunto un significato profondo, diverso dallo spirito che anima uno spostamento di tipo prettamente turistico. “Anche se faccio un viaggio organizzato, io parto da sola. Ovunque mi rechi, la mia disposizione d’animo è quella di viandante aperta alla conoscenza dell’altro. L’orientamento cristiano che anima il mio agire è una mia dimensione interiore, che non mi piace esibire”. Ogni itinerario intrapreso è stato occasione di conoscenza e di novità e le ha permesso di instaurare delle relazioni che si mantengono nel tempo: “È importante che i contatti non restino tali, ma che diventino connessioni: ciò vuol dire condividere e prendere a cuore le situazioni”.
A questo proposito, per fare qualche esempio, nel corso di un soggiorno a Betlemme alla dottoressa è capitato di conoscere un sacerdote cileno che in seguito l’ha invitata a recarsi nel suo paese per collaborare con la comunità cattolica del posto. “Ho deciso di fare questa esperienza e nella circostanza ho potuto constatare che in Cile ci sono pochissimi sacerdoti rispetto alla popolazione, per cui i laici sono chiamati a darsi da fare. Nella parrocchia dove mi sono recata c’erano diversi servizi, come un ambulatorio, un dopo-scuola, un centro di accoglienza”.
Un’altra volta, invece, mentre era in aereo diretta verso l’India, ha conosciuto un funzionario pubblico indù. Nel corso del loro colloquio, in attesa dell’arrivo, si sono scambiati varie esperienze e l’uomo si è dimostrato molto cortese nell’aiutarla a sbrigare alcune pratiche all’arrivo nel paese straniero. Tempo dopo il funzionario l’ha contattata per farle sapere che aveva tratto ispirazione dal loro dialogo per realizzare un progetto a favore di un villaggio dell’India privo di scuola elementare. Le ha comunicato con gioia che, al termine di sei mesi di lavoro, era stato reso disponibile questo servizio.
“Il Signore distribuisce doni nonostante la nostra riluttanza”, conclude Maria Angela Torsoli. “A meno che proprio non li rifiutiamo, sono lì per noi. Il Signore apre tutti i cuori. Se riusciamo a capire la sua tenerezza, ce ne innamoriamo e torniamo nel presepe facendoci piccoli, piccoli”.